
Aggiornamenti Giurisprudenziali
Conformità delle fideiussioni allo schema ABI, rispetto e deroga del termine di cui all’art. 1957 c.c. Commento alla sentenza n. 430/2025 del Tribunale di Milano.
Introduzione.
Con la recente sentenza n. 430/2025, pubblicata in data 17 gennaio 2025 nell’ambito di un giudizio patrocinato dal nostro Studio, il Tribunale di Milano (sezione specializzata in materia d’impresa) ha confermato tre principi di diritto ormai ragionevolmente condivisi dalla giurisprudenza maggioritaria e, così che:
- i) il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia costituisce prova privilegiata dell’illiceità dell’intesa a monte necessaria per ottenere l’accertamento dell’invalidità di talune o tutte le clausole di una fideiussione per conformità allo schema ABI, solo in relazione alle fideiussioni rilasciate nel periodo oggetto d’indagine (novembre 2003 – maggio 2005);
- ii) in caso di fallimento del debitore principale, per evitare la decadenza dalla garanzia prevista dall’art. 1957, comma 1, c.c., il creditore – se non è stato pattuito il beneficio di escussione ex 1944, comma 2, c.c. – ha la facoltà, a sua scelta, di insinuarsi al passivo ovvero di agire nei confronti del garante nelle forme ordinarie;
iii) la clausola con cui il fideiussore si impegni a soddisfare il creditore “a semplice richiesta” costituisce una deroga pattizia all’onere di forma previsto dall’art. 1957 c.c.: il termine può dunque essere soddisfatto a fronte della semplice richiesta di pagamento stragiudiziale formulata al fideiussore, a prescindere dalla proposizione di un’azione giudiziaria.
Si analizzerà nel prosieguo la pronuncia in discorso alla luce di alcuni degli arresti della Corte di Cassazione che hanno condotto il Tribunale ad un decisum che costituisce un’ulteriore conferma degli orientamenti già pressoché univoci sui profili in oggetto.
Analisi della sentenza n. 430/2025 del Tribunale di Milano alla luce dei precedenti della giurisprudenza di legittimità.
Con la recentissima sentenza n. 430/2025, il Tribunale di Milano ha confermato che la prova presuntiva dell’illiceità dell’intesa a monte per conformità allo schema ABI è riferibile esclusivamente alle fideiussioni rilasciate nel periodo oggetto di esame da parte del provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia (novembre 2003 – maggio 2005).
Pertanto, in presenza di fideiussioni sottoscritte al di fuori di detto lasso temporale il garante avrà l’onere di “allegare e provare l’esistenza di un’autonoma intesa restrittiva della concorrenza, differente da quella accertata dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2/05/2005” e quindi dovrà provare che tutte o alcune delle clausole erano “applicate in modo uniforme nel mercato creditizio” nel periodo in cui sono state rilasciate le garanzie.
La pronuncia aderisce all’orientamento delle SS.UU. che, con sentenza n. 41994/2021, hanno chiarito che in caso di contratti conclusi al di fuori del predetto intervallo temporale, è onere dei garanti interessati fornire gli elementi costitutivi della presunta intesa “a monte” della fideiussione contestata e così provare che il suo scopo fosse quello di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza.
Nella stessa sentenza, le SS.UU. hanno definitivamente statuito che la conseguenza dell’eventuale conformità allo schema ABI determina la mera invalidità parziale del contratto di fideiussione limitatamente alle sole clausole riproduttive dello schema ABI, rimanendo impregiudicate le altre pattuizioni contenute nello stesso.
Come evidenziato dal Tribunale, tale nullità “meglio si contempera col principio generale di conservazione del negozio giuridico”; “la nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, si estende, pertanto, all’intero contratto, o a tutta la clausola, solo ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma … nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità”. Nella maggior parte dei casi, la rigorosa allegazione e prova che il garante non avrebbe stipulato il contratto in assenza delle clausole illegittime è quantomai onerosa, poiché il fideiussore è spesso persona legata al debitore principale e, quindi, portatore di un interesse autonomo alla stipulazione del finanziamento e, quindi, al rilascio della garanzia in assenza della quale la somma non sarebbe mutuata.
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La sentenza in esame chiarisce altresì utilmente che “in caso di fallimento del debitore principale, per evitare la decadenza dalla garanzia prevista dall’art. 1957, comma 1, c.c., il creditore, se è stato pattuito il beneficio di escussione ex art. 1944, comma 2, c.c., deve necessariamente proporre domanda di insinuazione al passivo fallimentare nel termine semestrale, mentre, in mancanza di tale pattuizione (c.d. fideiussione solidale), ha facoltà di agire, a sua scelta, indifferentemente nei confronti del debitore principale fallito, insinuandosi al passivo del fallimento, ovvero nei confronti del garante nelle forme ordinarie”.
D’altronde anche il predetto principio di diritto è condiviso dalla giurisprudenza maggioritaria, che ha evidenziato che, al di fuori dei casi in cui le parti abbiano pattuito il beneficio di escussione, nei sei mesi successivi alla data di apertura del fallimento – dalla quale l’obbligazione principale, ai sensi dell’art. 55, comma 2, L.F. deve ritenersi scaduta – il creditore è tenuto ad agire indifferentemente nei confronti del debitore principale o del garante e non necessariamente di entrambi i condebitori solidali (cfr., ex multis, Cass. n. 24296/2017). La ratio dell’art. 1957 c.c. infatti risiede nel non imporre una situazione di stallo al fideiussore il quale, in assenza di tale norma, sarebbe tenuto sine tempore alla garanzia. La proposizione dell’istanza nei confronti del debitore principale nel termine legislativamente previsto limita pertanto l’incertezza del garante, assolvendo lo scopo a cui mira la norma.
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Il Tribunale di Milano ha da ultimo proseguito statuendo che“in ogni caso, la regola secondo cui la clausola con cui il fideiussore … si impegni a soddisfare il creditore “a semplice richiesta” può essere interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c., deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di un’azione giudiziaria), nel senso che l’osservanza dell’onere di cui alla citata disposizione può essere considerato soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un’azione giudiziaria (così, Cass. n. 7345/1995, Cass. n. 13078/2008, Cass. n. 22346/2017, Cass. n. 5598/2020)”.
Diversamente postulando, la garanzia non sarebbe più a prima richiesta; infatti, qualora si ritenesse necessaria la proposizione di un’azione giudiziale, la stessa non potrebbe prescindere da una preventiva richiesta di pagamento indirizzata al fideiussore in via stragiudiziale “esigendo l’esercizio dell’azione in giudizio la dimostrazione del bisogno di tutela giurisdizionale espressa nel precetto dell’art. 100 cod. proc. civ.” (Cass. n. 22346/2017).
Conclusioni.
Le conclusioni cui è giunto il Tribunale di Milano appaiono totalmente condivisibili.
È evidente, infatti, che un’applicazione ad infinitum della presunzione ricavabile dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, comporterebbe la nullità di qualsiasi contratto “a valle”, pur non sussistendo la violazione di alcuna norma imperativa; in assenza di un preciso nesso causale tra un’intesa anticoncorrenziale e la fideiussione contestata, l’eventuale coincidenza di talune clausole con quelle sanzionate nel 2005 costituisce, quindi, una mera espressione dell’autonomia contrattuale delle parti.
Ugualmente corretto si ritiene il principio secondo cui il termine previsto dall’art. 1957 c.c. nei confronti del fideiussore è rispettato qualora il creditore abbia proposto nei sei mesi successivi alla dichiarazione di fallimento la domanda di ammissione al passivo del debitore principale; intrapresa tempestivamente la predetta iniziativa, sono salvi i diritti dell’istante nei confronti del garante salvo, ovviamente, l’eventuale decorso del termine prescrizionale.
Ancora, qualora in seno alla fideiussione sia pattuita la clausola di pagamento “a semplice richiesta”, il termine di sei mesi per la proposizione delle istanze nei confronti del debitore (e/o del fideiussore) deve ritenersi rispettato anche in caso di semplice inoltro di una diffida ad adempiere stragiudiziale.
La sentenza in commento, dunque, recepisce alcuni dei più importanti principi in materia già condivisi dalla giurisprudenza di legittimità raccogliendoli in una motivazione lineare ed efficace.
Avv. Giulia Poggio
MFLaw StapA
Sede di Milano