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Le Sezioni Unite interpretano definitivamente l’usurarietà degli interessi di mora

La Cassazione torna a pronunciarsi sull’usura degli interessi di mora.

La Corte enuncia vari principi di diritto, tra cui in sintesi:

  1. la conferma che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori;
  2. la verifica dell’usura di mora a mezzo della maggiorazione del tasso soglia con il tasso medio di mora (solo se rilevato);
  3. la persistente debenza degli interessi di mora usurari, in caso di ritardo nell’adempimento, in  misura pari al tasso corrispettivo, ai sensi dell’art. 1224 c.c.;
  4. la rilevanza, per la declaratoria di usura, del tasso applicato in concreto e non di quello meramente pattuito;
  5. la debenza, in caso di risoluzione per inadempimento, per le rate scadute, dell’intero dovuto; per le rate a scadere, del capitale maggiorato del tasso corrispettivo fino alla data del pagamento;
  6. il richiamo, per i contratti al consumo, alla tutela sulle clausole vessatorie (artt. 33 e 36 del Codice del Consumo).

La sentenza nel complesso introduce un principio di maggior equilibrio e più severo rigore nell’interpretazione della giurisprudenza.

Il principio sub b) appare però in distonia con gli altri.

La Corte ritiene che per la verifica dell’usura di mora nei contratti stipulati prima del 2003, in difetto di rilevazione del tasso medio di mora, il tasso soglia di riferimento sia solo quello ordinario.

La soluzione data pare introdurre una disparità nella disciplina dell’usura in contrasto con il principio di omogeneità e di uguaglianza.

Si attende quindi, sul punto, una possibile risposta di contrasto da parte della giurisprudenza territoriale, come già accaduto per taluni precedenti (su tutti, Cass. 27442/2018).

Il rinvio invece all’art. 1224 c.c.. rappresenta per la Corte una soluzione coerente con il sistema, poiché l’ordinamento vuole essere sanzionatorio sia verso l’usura che verso le inadempienze contrattuali e non può consentire che il mutuatario inadempiente ottenga, in conseguenza di un inadempimento, un trattamento più favorevole del mutuatario adempiente (ratio legis).

Il principio espresso dalla Corte sul punto appare quindi condivisibile.

Con esso la S.C. mostra di superare definitivamente l’ottica del criterio di specialità, fino ad oggi di fatto applicato nelle sentenze anteriori, che avevano sempre dato applicazione alle disposizioni dell’art. 1815, comma, 2 c.c. disattendendo al contempo quelle dell’art. 1224 c.c..

La citata sentenza raccoglierà un ricco commentario che si attende di verificare sui punti qui evidenziati.

In particolare, si attende di verificare come verrà recepita l’interpretazione della disciplina sull’usura di mora ante 2003, insoddisfacente nella formulazione datane dalle SS.UU.

Parimenti da verificare, nella risposta della dottrina, della giurisprudenza e dell’avvocatura di settore, l’interpretazione data dalla Corte alla perdurante applicabilità dell’art. 1224 c.c. in caso di clausola sugli interessi di mora originariamente usuraria, che i mutuatari avranno un rilevante interesse a contestare nel merito.

 

Avv. Antonio Pepe
Associate MFLaw – Mannocchi & Fioretti
Studio Legale Associato

Sede di Roma

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