Recupero crediti e procedure esecutive

TRATTAMENTO FINE RAPPORTO E TRATTAMENTO FINE SERVIZIO: ESIGIBILITÀ E LIMITI DI PIGNORABILITÀ

1. Premessa
Con l’ordinanza n. 19708/2018 la Corte di Cassazione, ha stabilito un rilevante principio di diritto riguardo la pignorabilità del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e del Trattamento di Fine Servizio (TFS), adducendo che alla luce della riforma del settore previdenziale operata dal decreto legislativo 252/2005, le quote del TFR, trattenute dall’azienda, versate in un fondo di tesoreria dello Stato o trasferite in un fondo di previdenza complementare, sono da considerarsi come crediti certi e liquidi, e rappresentano una somma dovuta al lavoratore.
La cessazione del rapporto di lavoro ne determina solo l’esigibilità e, quindi, tali somme sono pignorabili tanto che in caso di notifica di un pignoramento presso terzi gli importi di cui sopra devono essere indicati nella dichiarazione ex art 547 c.p.c. resa dal terzo.
Con la predetta ordinanza i giudici della Suprema Corte hanno cassato la decisione dei giudici territoriali, che avevano invece dichiarato l’inefficacia del pignoramento dell’indennità di fine servizio a una dipendente ministeriale ancora in servizio.
Stando alle motivazioni della sentenza, i giudici della Suprema Corte rammentano come le quote accantonate del trattamento di fine rapporto lavoro siano dotate di una potenzialità satisfattiva futura, e corrispondano a un diritto certo e liquido, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solamente l’esigibilità.
Tale principio riguarda sia i lavoratori del settore privato che i dipendenti pubblici, quest’ultimi equiparati ai primi in termini di pignorabilità del TFR, così come stabilito dalle Sentenze della Corte Costituzionale n. 99/1993 e n. 225/1997.
2. TFR e TFS – L’ordinanza n. 19708/2018 della Corte di Cassazione
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), disciplinato dall’art. 2120 c.c., rappresenta un credito che il lavoratore subordinato ha nei confronti del datore di lavoro.
Tale credito matura nel corso dell’intero rapporto di lavoro e costituisce la capitalizzazione degli accontamenti effettuati dal datore di lavoro.
Di contro, la disciplina prevista dal D.P.R. n. 1032/1973 precisa che il Trattamento di Fine Servizio (TFS) costituisce un’indennità spettante ai pubblici dipendenti c.d. “non contrattualizzati”.
Rispetto al TFR, avente natura contributiva, il TFS non solo ha carattere retributivo, ma ha anche carattere previdenziale.

Ebbene, sia il TFR che il TFS, stante la loro equiparazione, divengono esigibili al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Con specifico riferimento all’esigibilità e conseguente pignorabilità delle citate indennità, è necessario, in primo luogo, fare un breve cenno alla disposizione di cui all’art. art. 545 c.p.c. (che, disciplina il trattamento dei crediti impignorabili nell’espropriazione forzata presso terzi).
La suddetta norma prevede che “le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento […] possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.
Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro”.
Il TFR, dunque, essendo considerato un’indennità relativa al rapporto di lavoro, può essere oggetto di pignoramento, con il limite del quinto.
Pertanto, il datore di lavoro, in qualità di terzo pignorato, è obbligato ad indicare la quota di TFR maturata dal lavoratore nella dichiarazione prevista dall’art. 547 c.p.c. (Cass. n. 19708/18, Cass. n. 19967/05, Cass. n. 1049/98).
Il limite del quinto pignorabile dovrà essere calcolato sulla base del TFR maturato alla data della notifica dell’atto di pignoramento e la sua assegnazione sarà subordinata all’esigibilità dello stesso TFR, e cioè al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, inizialmente, vi erano in argomento due contrapposte tesi giuridiche.
Secondo una prima tesi, il TFR è oggetto di un diritto certo e liquido che matura nel corso del rapporto di lavoro, mentre la sua cessazione costituisce solamente la condizione di esigibilità (Cass. 19967/05, Cass. 16826/05); secondo altra tesi, il diritto alla corresponsione del TFR matura solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro (Cass. 10211/21, Cass. 11579/14, Cass. 3894/10).
In tema è intervenuta la citata ordinanza della Corte di Cassazione n. 19708/2018 a dare un definitivo chiarimento ed esecuzione al dettato di cui all’art. 543 c.p.c. stabilendo che “anche dopo la riforma del settore disposta con il D.Lgs. n. 252 del 2005, le quote accantonate del trattamento di fine rapporto, tanto che siano trattenute presso l’azienda, quanto che siano versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l’I.N.P.S. ovvero conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità, con la conseguenza che le stesse sono pignorabili e devono essere incluse nella dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell’art. 547 c.p.c.”.
Considerata l’equiparabilità dei dipendenti privati ai dipendenti pubblici quanto sopra detto si applica anche al trattamento di fine servizio (TFS) ed infatti si è stabilito che: “tale principio, valevole per i lavoratori subordinati del settore privato, si estende anche ai dipendenti.

pubblici, stante la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del trattamento di fine rapporto o di fine servizio susseguente alle sentenze della Corte costituzionale n. 99 del 1993 e n. 225 del 1997”.
Invero, con riferimento al regime giuridico dell’indennità di fine rapporto erogata ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, la Corte Costituzionale con le succitate sentenze (Corte Cost. n. 99 del 1993 e n. 225 del 1997), è intervenuta sul trattamento loro riservato dichiarando costituzionalmente illegittimo l’originario regime di impignorabilità del trattamento di fine servizio, estendendo la sequestrabilità e pignorabilità di ogni credito, nei medesimi limiti previsti dall’art. 545, comma 4, c.p.c.
Tale pronuncia è stata, infatti, motivata dall’ingiustificata disparità di trattamento esistente tra i dipendenti pubblici – fino ad allora privilegiati – e i lavoratori del settore privato, i quali, sebbene con limitazioni, erano già soggetti all’esercizio del potere dei creditori ordinari.
Pertanto, alla luce della progressiva eliminazione delle differenze tra i due settori, ed in virtù del processo di omogeneizzazione della normativa in materia, la Corte ha ben ritenuto tale disparità non più tollerabile.
3. Conclusioni
Pertanto, il TFR e il TFS, al momento della loro esigibilità, ben possono essere pignorati da parte del creditore o dei creditori (banche, società finanziarie, privato cittadino etc.) in quanto costituiscono a tutti gli effetti un credito certo e liquido che il lavoratore ha maturato, mese dopo mese in costanza del rapporto di lavoro
Tuttavia, la loro esigibilità dipenderà dalla cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento o dimissioni ovvero pensionamento del debitore e, solo una volta verificatasi tale condizione, la loro pignorabilità potrà legittimamente realizzarsi; ciò in quanto solo in questi due momenti il TFR e il TFS costituiscono una somma di denaro certa e liquida ovvero esigibile e determinata nell’ammontare.

Dott.ssa Graziana Calì
Trainee
MFLaw Roma
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