Recupero crediti e procedure esecutive

I profili di responsabilità professionale della banca: i principi dell’accorto cliente e dell’accorto banchiere

Commento a

Cass. Civ., Sezione 3, Ordinanza 23 giugno 2021, n. 17951

 

1 – Introduzione

Come noto, l’attività bancaria soddisfa un interesse vitale per la società e, ancorché svolta da soggetti privati, integra lo svolgimento di un servizio di pubblico interesse (tra le prime, Cass. S.U. 10/10/1981).

L’attività bancaria è regolata da norme costituzionali (art. 47), speciali (T.u.b. e leggi speciali) e ordinarie (codice civile) e il suo esercizio è soggetta alla vigilanza, al controllo e alla protezione di vari settori istituzionali e non (dalla Banca d’Italia al Ministero dell’Economia e Finanze, dal Comitato Interministeriale per il Credito alla Consob).

Le vaste aree di attività in cui essa opera spaziano dall’esercizio e dalla raccolta del credito e del risparmio, alla consulenza negli investimenti finanziari (azionari, obbligazionari e di rischio in genere); dalle operazioni di acquisto, gestione e cessione dei crediti deteriorati, anche a sostegno di esigenze economiche contingenti di settore, fino alla gestione delle criptovalute; dal finanziamento dell’impresa fino alle attività di tutela del sistema (si pensi alle attività di protesto  degli assegni e delle cambiali, di revoca del credito, di segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi; alle attività di recupero forzoso del credito e di gestione delle procedure concorsuali); con oneri di volta in volta particolarmente incidenti (dalla garanzia di informazione contrattuale e trasparenza bancaria, agli adempimenti di adeguata verifica della clientela,  dagli obblighi di vigilanza e informazione in relazione alle operazioni di sospetto riciclaggio, al contrasto e alla lotta alle forme di criminalità organizzata sul territorio).

Oneri gestiti dagli Istituti con crescenti sempre difficoltà e nello scenario di un sempre più complesso e rischioso ambiente informatico, in cui la tecnologia da un lato semplifica l’accesso dei cittadini al credito e al servizio bancario; dall’altro rende sempre più incombenti possibili rischi alla sicurezza dei dati personali, informatici e al rischio di tecno-truffe.

In quanto soggetto qualificato da un rango professionale e specialistico, la responsabilità della Banca spazia in ognuno dei predetti settori ed è caratterizzata dalla misura di una specifica diligenza, regolata sul piano privatistico dai principi generali del sistema.

 

2 – La regola generale della responsabilità: la diligenza e la colpa.

Nell’ordinamento la responsabilità dei soggetti nei rapporti privatistici è regolata, nel sistema generale delle obbligazioni, dall’art. 1176 cod. civ., il quale precisa che nell’adempimento dell’obbligazione il debitore è  tenuto ad adottare l’ordinaria diligenza del buon padre di famiglia (locuzione storica, che sottintende la necessità di adottare una condotta di buona fede nell’esecuzione della prestazione, tesa alla salvaguardia, secondo un metro di esperienza comune, dell’interesse dell’altro contraente e in generale di tutti i consociati).

Elaborata la regola di base, al primo comma, la medesima norma al secondo comma enuncia anche una regola speciale, volta a sancire un livello rafforzato di responsabilità e – quindi – di obbligo di diligenza, proprio per quei soggetti qualificati che nell’ordinamento svolgono prestazioni di particolare rilevanza e interesse. Per tale motivo l’art. 1176, comma 2, cod. civ. specifica che nell’esercizio di una “attività professionale”, il grado della diligenza dovuta deve valutarsi con riguardo “alla natura dell’attività esercitata”.

Di conseguenza, il medico, l’ingegnere, l’avvocato, l’insegnante, il calciatore o l’astronauta, nell’ambito delle rispettive funzioni, devono prestare le proprie obbligazioni con un grado di diligenza rafforzato, essendo evidente che – in qualità di soggetti professionisti – l’ordinamento richiede e pretende non solo l’adempimento di un dovere specifico (la prestazione richiesta) ma anche di un immanente dovere sottostante (la cura dell’interesse pubblico e privato al rispetto della funzione svolta, nelle più intense condizioni possibili, caso per caso).

Poiché l’esercizio di una professione non solo richiede maggiori competenze ma comporta necessariamente la soluzione di maggiori problemi e difficoltà, nella misura della correlata diligenza l’ordinamento prevede un’area di protezione del professionista. In tal senso, l’art. 2236 cod. civ. dispone che quando la prestazione implica “la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà”, il professionista risponde dei danni solo “in caso di dolo o di colpa grave”.

Tale limitazione di responsabilità non è applicabile al professionista in tutte le ipotesi in cui lo stesso sia responsabile, oltre che del fatto che comporta il danno, anche di una contingente negligenza o imprudenza, non giustificabile nel metro della diligenza professionale pretesa ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cod. civ..

Diligenza, peraltro, richiesta anche agli altri consociati, ed in particolare agli stessi utenti dei servizi bancari fino agli stessi soggetti, anche terzi, occasionalmente lesi dall’eventuale condotta della Banca, la cui azione, ove concorrente alla causazione del fatto e dell’evento lesivo, vale a scriminare o ridurre l’eventuale responsabilità dell’Istituto. In tal senso, l’art. 1227 cod. civ. prevede che se la condotta del Cliente “ha concorso” a determinare un danno, il risarcimento che questi può pretendere dalla Banca è necessariamente diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze derivate, con la precisazione che il diritto al risarcimento “non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”.

Come si evince, con grande equilibrio l’ordinamento pone regole a carico di tutti i soggetti coinvolti in un determinato ambito di operazioni e servizi, secondo le rispettive funzioni e concorrenze, senza possibilità di individuare soggetti privilegiati in un senso o nell’altro.

 

3 – Il caso di specie.

Nella sentenza in esame, una correntista lamentava che la Banca avesse pagato assegni apparentemente tratti sul proprio conto corrente, a fronte di una firma di traenza difforme dallo “specimen” iniziale, chiedendo il rimborso delle somme erogate. La Banca si è costituita dando atto che gli assegni in parola erano stati presentati all’incasso dalla figlia dell’attrice, chiedendo il rigetto della domanda stante la verosimiglianza della firma apposta e, in subordine, di considerare concorrente ex art. 1227 cod. civ., nella causazione del danno, il comportamento dell’attrice, per non aver tempestivamente segnalato alla banca i problemi di tossicodipendenza della figlia.

A seguito di una consulenza tecnica d’ufficio si è accertato che «le firme apposte sugli assegni e su due moduli di richiesta rilascio blocchetto assegni non erano state falsificate in modo rozzo e grossolano, bensì risultavano imitate con grande abilità e grande precisione e “lo stile rapido, fluido e la loro morfologia complessa le rendeva sostanzialmente credibili all’occhio di un impiegato di banca”, pure perché non presentavano ritocchi, aggiustamenti e cancellature».

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le domande dell’attrice, la quale in Cassazione ha lamentato la violazione delle regole di diligenza e buona condotta da parte della Banca, per la ritenuta violazione dei doveri del “bonus argentarius”.

La Corte ha dato soluzione al caso respingendo il ricorso e confermando le precedenti statuizioni di merito che avevano ritenuto legittima la condotta della Banca.

In particolare, la Corte ha osservato che, nel caso di pagamento da parte di una banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevabile “ictu oculi”, e nella specie «in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo (Cass., ord., 19/06/2018, n. 16178; Cass. 4/10/2011, n. 20292; v. anche Cass. 26/01/2016, n. 1377)”.

La Corte richiama anche un precedente di rilievo, la sentenza di Cassazione n. 34107 del 19/12/2019 con cui la S.C. ha affermato, in materia di pagamento di assegno, che, al fine di valutare la sussistenza della responsabilità colposa della banca negoziatrice nell’identificazione del presentatore del titolo, «la diligenza professionale richiesta deve essere individuata ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, cod. civ., che è norma “elastica”, da riempire di contenuto in considerazione dei principi dell’ordinamento, come espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e dagli “standards” valutativi esistenti nella realtà sociale che, concorrendo con detti principi, compongono il diritto vivente».

In conseguenza di tale elasticità, la Corte ha concluso che il riconoscimento della responsabilità della Banca è sempre un accertamento di fatto, proprio del giudice del merito, volto a saggiare, in concreto, il grado di esigibilità della diligenza stessa ed insindacabile in cassazione se congruamente motivato.

In tale ottica, si segnala una recente pronuncia di merito in cui il Giudice, chiamato a valutare la responsabilità della Banca per non aver impedito la dispersione di ingenti somme sul conto corrente di un privato fiduciario allo stesso bonificate da parte di una società commerciale, ha parimenti rigettato la domanda risarcitoria da questa avanzata. La circostanza che la società invocasse la responsabilità della Banca in funzione della sua dovuta diligenza professionale (bonus argentarius) non è stata ritenuta sufficiente nell’occasione, precisando il Tribunale che «In conclusione, l’utente che ha erroneamente dato luogo alla (dedotta) inesatta trasmissione dei fondi, è tenuto a sopportarne le conseguenze e potrà, al più, confidare nella cooperazione delle banche per il recupero degli eventuali fondi smarriti.

In altre parole, deve essere valorizzata la figura dell’“accorto cliente” in luogo dell’invocato rafforzamento del ruolo dell’“accorto banchiere”, nel generale indirizzo dell’efficiente andamento del sistema dei pagamenti intermediati» (Tribunale di Velletri, Sez. Civ., Giudice dott. Renato Buzi, sentenza 4 ottobre 2022, n. 1809).

Con conferma e diretta applicazione dei principi di cui agli artt. 1176 e 1227 cod. civ.

 

4 – Conclusioni

Con frequenza si affacciano all’attenzione degli operatori del diritto istanze di addebito di responsabilità in capo alla Banca per fatti danni ed eventi non imputabili alla sua condotta, che si fondano sul tentativo di indebita estensione del contenuto del parametro dell’accorto banchiere.

In tali casi, spesso le azioni processuali risultano difettose o viziate sia nell’allegazione che nella prova, limitandosi ad affermare apoditticamente una responsabilità dell’intermediario, obliterando totalmente la valutazione della condotta del cliente.

 

Avv. Antonio Pepe

Senior Associate di MFLaw StapA

Studio Legale Associato

Sede di Roma

 

Il presente documento non costituisce un parere ed è stato redatto ai soli fini informativi dei clienti di MFLaw e dei lettori del Magazine di MFLaw. È proprietà di MFLaw e non può essere divulgato a soggetti differenti dal destinatario, senza una preventiva autorizzazione scritta.

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