IL DOLO SPECIFICO NELL’AZIONE REVOCATORIA DI ATTI DISPOSITIVI ANTERIORI AL SORGERE DEL CREDITO ED IMPLICAZIONI PRATICHE NELLA DIALETTICA PROCESSUALE. (Commento a SS.UU. sentenza n. 1898/2025 del 21.1.2025)

Con la pronuncia in commento le Sezioni Unite hanno risolto un contrasto recentemente insorto fra le sezioni semplici con riguardo all’elemento soggettivo richiesto ai fini dell’azione revocatoria nell’ipotesi in cui abbia ad oggetto atti dispositivi anteriori al sorgere del credito.
A fronte di un indirizzo sviluppatosi più recentemente che riteneva sufficiente, anche per gli atti dispositivi anteriori al sorgere del credito, il cd. dolo generico, ovvero la semplice coscienza del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore – non ritenendo invece necessaria la consapevolezza del sorgere della futura obbligazione, né il compimento dell’atto allo specifico scopo di impedire o ostacolare l’attuazione coattiva del diritto del creditore – , le Sezioni Unite hanno inteso avallare l’indirizzo tradizionale che ritiene invece necessaria la dolosa preordinazione del debitore al fine di porsi in una situazione di impossidenza in vista del sorgere della futura obbligazione (cd. dolo specifico), nonché, ove si tratti di atto a titolo oneroso, la partecipatio fraudis, ovvero la conoscenza di tale programma pregiudizievole da parte del terzo.
Nella sentenza in commento hanno quindi enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di azione revocatoria, quando l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare la “dolosa preordinazione” richiesta dall’art. 2901, primo comma, cod. civ. non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori (c.d. dolo generico), ma è necessario che l’atto sia stato posto in essere dal debitore in funzione del sorgere dell’obbligazione, al fine d’impedire o rendere più difficile l’azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, attraverso una modificazione della consistenza o della composizione del proprio patrimonio (c.d. dolo specifico), e che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse a conoscenza dell’intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro“.
In primo luogo le Sezioni Unite muovono dal tenore letterale delle diverse espressioni utilizzate dal legislatore nell’art. 2901 c.c. laddove, con riferimento agli atti anteriori al sorgere del credito, richiede espressamente che “l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento”, nonché, se a titolo oneroso, che il terzo “fosse partecipe della dolosa preordinazione”, locuzioni implicanti una finalizzazione teleologica della condotta fraudolenta o quantomeno intenzionale del tutto assente, invece, laddove la norma disciplina la revocatoria degli atti successivi al sorgere del credito.
In secondo luogo, vengono richiamati profili collegati all’interpretazione storico – sistematica della norma ricordando come la revocatoria degli atti anteriori al credito, inammissibile nel previgente Codice del 1865, venne introdotta solo nel Codice Civile del 1942, tuttavia subordinandone l’esercizio ad un presupposto soggettivo più rigoroso rispetto a quello richiesto per la declaratoria di inefficacia degli atti successivi al credito.
Le Sezioni Unite ritengono che deponga a favore della tesi tradizionale anche la natura eccezionale che la revocatoria viene ad assumere quando avente ad oggetto atti anteriori al sorgere del credito poiché, consentendo al creditore di soddisfarsi anche su beni che abbiano già cessato di far parte del patrimonio del debitore, costituisce un’indiscussa deroga al principio generale di cui all’art. 2740 c.c.¸ a mente del quale il debitore risponde dell’adempimento con tutti i suoi beni, presenti o futuri, e non anche con quelli di cui non era più titolare alla data in cui è insorta l’obbligazione.
Il Supremo Consesso sottolinea infine come il creditore, nel momento in cui entra in contatto con il debitore, sia in grado di conoscere l’attuale consistenza e composizione del suo patrimonio, nonché di apprezzarne l’idoneità a garantire il soddisfacimento del credito, ragion per cui ritiene ragionevole limitare l’esercizio dell’azione revocatoria degli atti anteriori al sorgere del credito alle ipotesi in cui costituiscano attuazione di un disegno intenzionalmente volto a disfarsi dei propri beni in vista dell’assunzione dello specifico debito.
In tali ultimi casi, sussistendo la dolosa preordinazione della pregressa condotta dissipativa del debitore, le ragioni del creditore prevarranno anche su quelle del terzo, proprio in ragione della particolare nota di perversità che caratterizza la condotta del debitore e del terzo partecipe del disegno fraudolento.
LE IMPLICAZIONI DEL PRINCPIO AFFERMATO DALLE SEZIONI UNITE NELLA DIALETTICA PROCESSUALE
Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite ha importanti implicazioni a livello di diritto processuale e sostanziale nella dialettica che governa il processo, la cui opportuna considerazione diviene fondamentale al fine di approntare le migliori difese tecniche degli attori in revocatoria alla luce del thema decidendum e del thema probandum che viene a delinearsi nel caso di atto dispositivo anteriore al sorgere del credito.
Il thema decidendum e la sua immutabilità
Come evidenziato nella parte motiva della sentenza in commento, la diversa definizione dell’elemento soggettivo della revocatoria si ripercuote, sul piano processuale, oltre che sull’individuazione dell’oggetto dell’onere probatorio incombente sull’attore, anche sulla delimitazione dell’ambito del giudizio, nel senso che, in virtù della identificazione del consilium fraudis nell’intento di arrecare pregiudizio al creditore, una volta proposta l’azione revocatoria fondata sull’assunto che il debitore abbia compiuto l’atto impugnato prima del sorgere del credito, costituisce inammissibile mutamento della domanda la deduzione, in corso di causa, che l’atto dispositivo sia stato compiuto dopo il sorgere del credito.
Infatti, si viene in tal modo a determinare un allargamento del thema probandum, giacchè nel primo caso l’attore ha l’onere di provare il dolo specifico, cioè la dolosa preordinazione di un intento fraudolento, mentre nel secondo caso può limitarsi a provare il solo dolo generico, cioè la generica consapevolezza di nuocere alle ragioni del creditore.
Diviene quindi fondamentale ponderare i presupposti circostanziali dedotti a fondamento dell’azione, non emendabili in corso di causa a pena di inammissibilità nei termini suddetti.
L’anteriorità del credito nei rapporti bancari rispetto all’atto dispositivo impugnato
Considerato il diverso tema di indagine ed il conseguente onere probatorio gravante sull’attore in revocatoria, a seconda che l’atto impugnato sia anteriore o posteriore al sorgere del credito, assume rilevanza assorbente determinare il momento in cui il credito può dirsi sorto.
Fermo il principio generale per cui il requisito dell’anteriorità del credito rispetto all’atto impugnato con l’azione revocatoria deve essere riscontrato in base al momento in cui il credito stesso insorga e non a quello successivo della sua esigibilità, ovvero del suo eventuale accertamento giudiziale, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che per stabilire quando esso sorga occorre far riferimento alla data del contratto, se di fonte contrattuale, ovvero alla data dell’illecito, se si tratta di credito risarcitorio da fatto illecito.
Tanto premesso, con specifico riferimento ai crediti derivanti da rapporti bancari, la giurisprudenza si è più volte occupata di definire l’anteriorità del credito derivante da affidamenti in conto corrente, nonché dal rilascio di garanzie fideiussorie, respingendo le tesi dei convenuti che tendevano a posticipare il sorgere del credito alla data di maturazione della debitoria, ovvero alla sua esigibilità per intervenuto recesso dal rapporto da parte della banca.
Ebbene, con riferimento alle aperture di credito in conto corrente, è stato precisato che non rileva il momento di esigibilità del credito, bensì il momento in cui sorge “l’obbligazione connessa all’apertura di credito”.
L’anteriorità del credito ex art. 2901 c.c. va dunque stabilita con riguardo alla nascita dell’obbligazione, per cui insorge dal contratto stesso nel caso di credito derivante da apertura di credito o da affidamento bancario, irrilevante essendo l’utilizzazione delle somme da parte del correntista o la revoca del finanziamento da parte della banca.
Parimenti consolidata è la giurisprudenza di legittimità che, con riferimento al credito derivante da fideiussione, ritiene che lo stesso sorga al momento della sottoscrizione della garanzia, sia o meno pattuito il beneficio di escussione, atteso che “la fideiussione deve considerarsi ricompresa nell’ambito della nozione lata di credito accolta dall’art. 2901 cc, non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito ” (Cass. 7 ottobre 2008, n.24757).
In questo contesto, si è consolidato il principio per cui “L’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità. Pertanto, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse ad un’apertura di credito, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’art. 2901 сc, п.1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento; l’insorgenza del credito va infatti apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione” (Cass. Civ., Sez. III, 7.2.2013 n. 7250), “senza che rilevi la successiva esigibilità del debito restitutorio o il recesso dal contratto” (Cass. civ., 23.4.2020, n. 8107).
Pertanto, accertata l’anteriorità del credito bancario rispetto all’atto dispositivo impugnato secondo i parametri giurisprudenziali sopra richiamati, l’onere probatorio gravante sull’attore in revocatoria risulterà notevolmente attenuato, essendo in tal caso sufficiente dimostrare il cd. dolo generico, ovvero la generica consapevolezza di nuocere alle ragioni creditorie.
La prova della dolosa preordinazione
L’aver affermato la necessità del dolo specifico nella revocatoria degli atti dispositivi anteriori al sorgere del credito, ha reso l’onere probatorio posto a carico dell’attore in tali casi più stringente ed impegnativo, dovendo dimostrare stati soggettivi fraudolenti in capo al debitore ed al terzo.
A tal fine l’attore avrà comunque a disposizione gli ordinari mezzi istruttori, potendosi avvalere delle prove precostituite, e di quelle costituende, articolando ad es. capitoli di prova testimoniale e interrogatorio formale.
Resta fermo ovviamente che la prova dell’intento fraudolento e della partecipazione del terzo ben potrà essere ricavata anche mediante il ricorso a presunzioni semplici, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
Nella prassi giurisprudenziale vengono tradizionalmente assunti quali elementi presuntivi degli stati soggettivi rilevanti ai fini dell’accoglimento dell’actio pauliana diverse circostanze di fatto, quali ad esempio i vincoli parentali, societari o derivanti da rapporti di lavoro fra le parti; le tempistiche intercorse fra la stipula dell’atto dispositivo ed il sorgere del credito, laddove minore è il tempo intercorso maggiore è la valenza probatoria dell’elemento presuntivo; le anomalie del regolamento contrattuale predisposto nell’atto dispositivo, quali ad esempio la previsione di modalità di pagamento ambigue, la rinuncia all’ipoteca legale pur in presenza di un saldo differito o di una dilazione rateale, la sperequazione tra il prezzo pattuito ed il valore di mercato del bene.
La revocatoria dell’atto dispositivo compiuto in esecuzione di un contratto preliminare
Un caso particolare su cui la pronuncia in commento è destinata ad avere importanti risvolti pratici è quello dell’atto dispositivo compiuto in esecuzione di un contratto preliminare.
Per una compiuta disamina della fattispecie, occorre brevemente ricordare che la giurisprudenza è ormai ferma nell’affermare l’irrevocabilità del preliminare, poiché inidoneo a ledere la garanzia del creditore non determinando alcuno spostamento patrimoniale. Si afferma in tal senso che il contratto preliminare non produce effetti traslativi ma solo effetti obbligatori, quindi dalla promessa di vendita non può derivare alcun pregiudizio al creditore.
Il pregiudizio può invece concretarsi con la stipula del contratto definitivo che, potendo avere effetti reali, può generare quella diminuzione della garanzia patrimoniale atta a giustificare il rimedio revocatorio in favore del creditore.
Una volta ammessa l’esperibilità della revocatoria nei confronti del solo contratto definitivo, la giurisprudenza ritiene che la verifica della sussistenza degli elementi costitutivi dell’azione vada sdoppiata: la sussistenza del presupposto dell’eventus damni per il creditore va accertata con riferimento alla stipula del contratto definitivo, mentre l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901 c.c. in capo all’acquirente va valutato con riguardo al momento della conclusione del contratto preliminare, momento in cui si consuma la libera scelta delle parti (cfr. Cass. Civ., n. 34418/2022; n. 17067/2019).
Alla luce dei richiamati principi laddove il definitivo impugnato con la revocatoria sia stato stipulato dopo il sorgere del credito, ma in adempimento di un preliminare stipulato anteriormente al credito stesso, l’attore sarà quindi onerato della prova della sussistenza del dolo specifico al momento della stipula del preliminare, risultando invece irrilevante la successiva consapevolezza dell’intento fraudolento del debitore acquisita dal terzo prima della stipula del definitivo.
Quid iuris in caso di preliminare “occulto”, poiché non trascritto e non richiamato dal definitivo e fatto valere dal convenuto solo in via di eccezione? Si ritiene che il preliminare sarà opponibile al creditore solo se avente data certa; diversamente, lo stesso non potrà essere opposto al creditore che dunque dovrebbe essere onerato della sola prova del dolo generico con riferimento al momento della stipula del definitivo successivo al sorgere del credito.
Merita inoltre attenzione il preliminare per persona da nominare.
Infatti, nel caso di electio amici, la più recente giurisprudenza di legittimità e di merito, ha precisato che la verifica della scientia fraudis deve essere effettuata, in prima battuta, con riferimento allo stipulante originario, in quanto soggetto che ha espresso la libera scelta di concludere il preliminare. Tuttavia, l’eventuale assenza di consapevolezza in capo allo stipulante non è sufficiente ad escludere il presupposto soggettivo della revocatoria. In seconda battuta, infatti, deve essere verificato lo stato soggettivo del nominato, visto che, ai sensi dell’art. 1391 c.c., il rappresentato che è in mala fede non può giovarsi dello stato d’ignoranza o di buona fede del rappresentante (cfr. Cass. civ., Sez. III, 22.06.2020, n. 12120).
Dunque, laddove l’accettazione del terzo sia successiva al sorgere del credito, all’attore in revocatoria basterà dimostrare la scientia damni del terzo accettante al momento in cui ha prestato il consenso, senza che il convenuto possa limitarsi ad eccepire la buona fede del rappresentante al momento della stipula del preliminare anteriore al sorgere del credito.
CONCLUSIONI
Alla luce del breve escursus sopra richiamato, necessariamente privo del carattere di esaustività con riferimento alle diverse fattispecie concrete su cui la pronuncia in commento è destinata a produrre effetti, è evidente come il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite imponga agli attori in revocatoria attente disamine, al fine di ponderare fin dall’atto introduttivo il thema decidendum sottoposto all’attenzione del giudice, su cui andrà a delinearsi l’ampiezza del thema probandum.
Se è pur vero che la pronuncia sembri restringere fortemente il campo di applicazione della revocatoria, imponendo stringenti oneri probatori ove avente ad oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è altrettanto vero che nella prassi, nella maggior parte dei casi, specie laddove il creditore sia un Istituto bancario, vengono impugnati con l’actio pauliana atti posteriori al sorgere del credito, laddove, come visto, rileva in tal senso la mera assunzione dell’obbligazione e non già l’esigibilità del credito.
Infatti, le verifiche reddituali sui propri clienti precedono la concessione dei finanziamenti e delle aperture di credito da parte delle banche, con ciò ponendo i creditori istituzionali a conoscenza delle attuali consistenze del patrimonio dei propri debitori su cui poter fare affidamento e riducendo sostanzialmente ai minimi termini l’esigenza di dover impugnare atti dissipativi anteriori.
In effetti, nella pratica, l’unica eventualità in cui un creditore istituzionale potrebbe subire un “effetto sorpresa” è quello del preliminare occulto, anteriore al sorgere del credito, seguito dal definitivo successivamente stipulato.
Resta fermo che anche in tal caso, e sempreché il preliminare sia opponibile perché di data certa, il creditore potrà comunque ricorrere alla prova presuntiva al fine di dimostrare il dolo specifico del debitore e del terzo, specie quando il lasso temporale fra la stipula dell’atto ed il sorgere del credito sia così ravvicinato da lasciare agevolmente presumere la finalizzazione dell’atto alla condizione di successiva impossidenza in danno del creditore stesso.
Avv. Daniela Raparelli
Associate
MFLaw Roma
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