Credit recovery and executive procedures
Fallimenti d’impresa in epoca Covid: commento al Report di Banca d’Italia
Sin dall’inizio della crisi economica determinata dalla pandemia, si è diffuso il timore che essa avrebbe determinato un’ondata di fallimenti d’impresa. Tale timore ha portato all’adozione di un vasto insieme di misure di sostegno alle imprese che si sono affiancate a interventi volti a «congelare» i fallimenti. Il lavoro fornisce una stima della relazione tra fallimenti e ciclo economico e formula una previsione circa la loro possibile evoluzione nell’immediato futuro. Secondo le nostre stime, la forte contrazione del PIL registrata nel 2020 porterà a un aumento di circa 2.800 fallimenti entro il 2022. A questi potrebbero aggiungersi altri 3.700 fallimenti «mancanti» del 2020 che non si sono realizzati per gli effetti temporanei della moratoria e delle misure di sostegno. Tali previsioni vanno interpretate con cautela: da un lato, potrebbero essere sottostimate, nella misura in cui la caduta eccezionale del PIL comporterà un aumento maggiore di fallimenti rispetto a quanto stimato da precedenti fasi recessive; dall’altro lato, potrebbero essere sovrastimate se le misure di sostegno adottate e l’intensità della ripresa economica saranno capaci di aiutare le imprese a fronteggiare la difficile fase congiunturale.
Dall’introduzione a FALLIMENTI D’IMPRESA IN EPOCA COVID[1]
La crisi economica derivata dalla crisi pandemica ha determinato una diffusa preoccupazione per le sorti delle imprese, rendendo più tangibili i rischi di fallimento. Lo scorso 27 gennaio, Banca d’Italia ha redatto un Report utile per avere una stima della relazione tra fallimenti e ciclo economico e una previsione circa la loro possibile evoluzione, su cui vogliamo fornire di seguito un breve commento.
Il previsto aumento del numero di fallimenti nei prossimi anni va osservato con attenzione, ma non allarmismo. La fine dell’impresa, di cui il fallimento rappresenta una delle possibili modalità, è difatti un evento del tutto fisiologico a cui si accompagnano anche effetti positivi (ad esempio, una migliore allocazione delle risorse da parte del sistema economico).
D’altro canto, l’aumento dei fallimenti è in prima battuta un effetto dello scenario economico negativo e non causa dello stesso. In questo contesto, lo studio condotto dalla Banca d’Italia deve essere visto come un alert a cui ci si può e, anzi, ci si deve preparare. Lo studio, difatti, sottolinea come uno degli effetti negativi dell’eccessivo aumento dei fallimenti nei prossimi anni sia rappresentato da una maggiore inefficienza delle procedure, le cui risorse umane e di sistema dedicate restano le stesse di oggi.
Ebbene, tale evento rappresenta l’ennesima occasione per spingere verso una modernizzazione delle procedure fallimentari, partendo dagli elementi positivi e dalle best practice attualmente in vigore (ad esempio, in tema di digitalizzazione delle istanze e dei provvedimenti), sino a testare e anticipare quelli della riforma che possano avere effetti positivi in termini di efficienza.
Il quadro, infine, potrebbe essere completato dall’effettivo compimento della rivoluzione copernicana introdotta con la novella del 2006 ma mai entrata a pieno regime, con l’effettiva privatizzazione delle procedure concorsuali, evidenziata dai pieni poteri conferiti al comitato dei creditori in luogo del giudice delegato. Affinché il sistema sia effettivamente funzionante, sarebbe inoltre necessario un salto di qualità del comitato dei creditori, con incarico retribuito da affidare a professionisti aventi la stessa preparazione professionale del curatore fallimentare, il cui compenso andrebbe realmente legato alle tempistiche della liquidazione e distribuzione. Solo così si potrebbe trasformare un evento potenzialmente negativo, quale l’eccessivo aumento dei fallimenti, in un’ulteriore occasione di miglioramento del sistema.
Avv. Andrea D’Ambrosio
Partner MFLaw – Mannocchi & Fioretti
Studio Legale Associato
Sede di Roma
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[1] Fallimenti d’Impresa in Epoca Covid, Nota a cura di Silvia Giacomelli, Sauro Mocetti e Giacomo Rodano, Banca d’Italia 2021, p.1