Credit recovery and executive procedures
Sulla censurabilità, in sede di legittimità, delle valutazioni della CTU rese dal giudice di merito
Nota a Cass. Civ., Sez. VI, Ordinanza 19 luglio 2018 n. 19293
1.– Introduzione.
Con la sentenza in commento la S.C. è intervenuta sul tema della sindacabilità o meno, in sede di legittimità, della valutazione, compiuta dal giudice di merito, delle risultanze istruttorie rese dalla CTU espletata in corso di causa.
Richiamando un consolidato orientamento anteriore, la Corte ha ribadito la struttura tipicamente dicotomica del mezzo di impugnazione da utilizzarsi nel caso di specie, precisando che la valutazione effettuata dal giudice di merito sui risultati della CTU, viziata da errore di percezione, è censurabile:
1) con la revocazione ordinaria, se l’errore attiene ad un fatto non controverso;
2) con il ricorso ordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 c.p.c., se l’errore ricade su di una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti [1].
2.– L’antefatto posto all’esame della S.C..
Il ricorrente ha lamentato l’erroneità della sentenza per l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla consulenza tecnica di ufficio disposta in grado d’appello, che aveva accertato la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di indennità di accompagnamento (in particolare, si era accertato lo stato di non autosufficienza della ricorrente nel compimento degli atti giornalieri della vita). La sentenza di appello impugnata era da ritenersi ingiusta, essendosi il giudice di merito discostato arbitrariamente e senza una ragionevole giustificazione dalle conclusioni del CTU.
3.– La decisione della Cassazione.
La Corte ha accolto il ricorso, con importanti precisazioni.
3.1 – Requisiti di forma del ricorso.
La prima osservazione di rilievo ha ad oggetto la forma del ricorso: la Corte ha espressamente apprezzato che il ricorrente ha trascritto, nell’atto, il testo della consulenza tecnica d’ufficio disposta in grado di appello, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
La S.C. ha così potuto rilevare che la CTU della fase di merito aveva accertato l’effettiva sussistenza, in capo alla parte istante, dei presupposti per la concessione dell’indennità di accompagnamento.
Di conseguenza, la Cassazione ha agevolmente verificato che la Corte d’Appello, rigettando la domanda del ricorrente, aveva omesso di motivare le ragioni del dissenso rispetto alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, che pure erano richiamate nella sentenza impugnata.
La Corte ha, quindi, ravvisato la sussistenza di un vizio radicale della sentenza, che dà luogo alla sua nullità (Cass. n. 8053/2014), avendo, da un lato, il giudice di merito richiamato le conclusioni della CTU e, dall’altro, dissentito dalle stesse senza idonea motivazione. Per la Corte con il suddetto principio, non si pone in discussione il potere del giudice di merito di non recepire le conclusioni del CTU, quanto piuttosto l’obbligo di motivarne il disaccordo “…non potendo all’evidenza condividersi l’iter logico scientifico del consulente e poi pervenire ad una soluzione diversa, senza dare adeguato riscontro del percorso logico seguito (Cass. 03/08/2004, n. 14849; Cass. 17/12/2010, n. 25569)”.
3.2 – Elaborazione del principio di diritto.
La Corte a tal punto introduce la distinzione fondamentale tra:
- a) il caso in cui il vizio lamentato derivi da un errore di fatto del giudice di merito, su una circostanza non contestata in corso di causa, che appare necessariamente rimediabile solo attraverso lo specifico rimedio della revocazione [2];
- b) il caso in cui l’errore del giudice di merito non cada su un fatto che sia stato, invece, specificatamente oggetto di contestazione. In tale ipotesi, la censura del ricorrente ha ad oggetto non un errore di fatto, bensì di giudizio, ravvisabile nell’avere il giudice di merito adottato una decisione fondata su una costruzione logico-giuridica non compatibile con le risultanze istruttorie [3].
Riassuntivamente la Corte, richiamando uno suo specifico precedente [4], ribadisce il principio secondo cui “… di fronte ad un errore di percezione, solo se esso investe un fatto incontroverso, è censurabile con la revocazione ordinaria, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.; quando, invece, investe una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, l’errore di percezione è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 c.p.c.”.
3.3 – Ulteriori profili di censurabilità.
La Corte precisa, infine, che, una volta ravvisata la ricorrenza di un error in judicando (si ribadisce che si verifica quando l’errore del giudice non riguarda l’esistenza o meno del fatto ma la sua erronea percezione e valutazione ai fini della decisione assunta), il vizio sarà censurabile anche quale vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, c.p.c. [5].
4.– Conclusioni.
La sentenza in esame ha fatto, quindi, stretta applicazione di principi consolidati, ma spesso in sovrapposizione nella percezione delle parti (e dei difensori), avvertendo pertanto la necessità di una loro opportuna, quanto sintetica e chiara, riesposizione.
Avv. Antonio Pepe
MFLaw – Studio Legale Mannocchi & Fioretti
Studio Legale Associato
Sede di Roma
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Note:
[1] Nel caso in esame, la S.C. ha ritenuto la nullità della sentenza di merito, che nel respingere la domanda dell’attore (di accertamento del diritto all’indennità di accompagnamento), aveva omesso di motivare il mancato rispetto delle risultanze peritali d’ufficio.
[2] Osservando che tale ipotesi si ha quando la valutazione del giudice sia inficiata da una percezione di fatti incontrovertibili, di modo che la sua decisione risulta fondarsi sulla supposta inesistenza di un fatto, invece pacificamente assunto al processo, che, laddove esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione.
[3] Nel caso in esame, l’error in iudicando è stato ravvisato nel mancato esame, da parte della corte di merito, “…delle ragioni medico legali illustrate nella consulenza tecnica d’ufficio, che hanno formato oggetto di discussione tra le parti e che, ove esaminate e correttamente valutate, avrebbero condotto ad un risultato diverso”.
[4] Cfr. Cass. Civ., III, sentenza 12 aprile 2017, n. 9356.
[5] Sul punto, la S.C. ha affermato che “…il mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. 3922/2016; Cass. 13399/2018; 13770/2018)”.