Aggiornamenti Giurisprudenziali

Clausole Vessatorie: l’evoluzione della giurisprudenza di merito

Commento alla Sentenza emessa dal Tribunale di Verona il 6 luglio 2023

 

Con la nota sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023, le Sezioni Unite Civili si sono espresse sulla questione inerente al c.d. “giudicato implicito” alla luce dei principi comunitari che prevedono, a tutela del consumatore, la possibilità di sacrificare, in alcune condizioni, il principio della certezza del giudicato, laddove il Giudice non abbia in sede monitoria predisposto una pronuncia esplicita sulla legittimità delle clausole contrattuali.

Come prevedibile all’esito della dirompente pronuncia della SSUU si avvicendano le applicazioni pratiche dei principi enunciati dal Supremo Consesso nella realtà giurisprudenziale di merito.

Ed in particolare risulta interessante e sicuramene allineata ai principi cardine del nostro ordinamento giuridico (apparentemente travolti dalla Sentenza delle Sezioni Unite in argomento), la sentenza del Tribunale di Verona dello scorso 6 luglio 2023.

Nella fattispecie oggetto della sentenza in commento, si impone al Giudice dell’opposizione a precetto di valutare la natura vessatoria delle clausole del contratto concluso tra professionista e consumatore, posto a fondamento del decreto ingiuntivo esecutivo azionato.

In controtendenza, ma non in contrasto con il disposto di cui alla citata sentenza n. 9479/2023, il Tribunale di Verona ha così statuito: “Laddove non emerga chiaramente che il credito oggetto del decreto ingiuntivo sia derivato dall’applicazione di clausole contrattuali vessatorie, non può essere compiuto alcun controllo giudiziale sulla nullità delle clausole contrattuali poiché detto controllo finirebbe per essere scollegato dal bene della vita oggetto della tutela giurisdizionale”.

Ebbene il Tribunale veronese, nel respingere integralmente l’opposizione spiegata, ha affermato essere onere del debitore la dimostrazione dell’effettiva applicazione e rilevanza ai fini della determinazione del credito delle clausole vessatorie.

È evidente che una simile interpretazione giudiziale è squisitamente coerente con il principio di terzietà dell’organo giudicante, chiamato a pronunciarsi nell’ambito di un quadro assertivo offerto dalla parte che abbia interesse a rilevare la vessatorietà delle clausole negoziali.

Ed è allora corretto sostenere che la natura vessatoria deve essere vagliata con riferimento a quelle clausole che, sulla base della narrazione dei fatti di causa, abbiano avuto una effettiva rilevanza ai fini della determinazione dell’an o del quantum del credito. Solo in questo caso, infatti, l’eventuale giudizio di nullità potrà produrre i propri effetti ai fini dell’accoglimento della domanda del consumatore.

Non è invece ipotizzabile – nell’interpretazione dei giudici veronesi – che nel giudizio civile – fondato sulla terzietà del Giudice e sul principio dispositivo – sia il Giudicante ad andare alla ricerca di quei fatti che possano far ritenere che il professionista abbia applicato clausole contrattuali affette dalla presunzione di vessatorietà di cui all’art. 33 Cod. Cons..

Il controllo ufficioso sulla nullità delle clausole contrattuali e sulla rilevanza del giudizio ai fini dell’accoglimento della domanda deve, infatti, essere fatto sulla base del quadro assertivo che la parte ha introdotto nel processo e non prescindendo da esso.

È questo il principio posto alla basta della pronuncia in commento: “Spetta alla parte che anela alla tutela giurisdizionale quantomeno rappresentare quei fatti rilevanti rispetto allo svolgimento della relazione contrattuale (da mihi factum) che consentano al giudice di verificare se sussista l’effettivo interesse alla somministrazione della tutela giuridica (dabo tibi ius), valutando se le condotte eventualmente descritte dalla parte, siano stato il precipitato dell’applicazione di clausole contrattuali rientranti nel catalogo di cui all’art. 33 Cod. Cons..”

Sulla scorta di tali argomentazioni, il Tribunale ha quindi rigettato l’opposizione proposta dal consumatore ritenendo non adeguatamente provata l’effettiva vessatorietà delle clausole contrattuali e la loro rilevanza in ordine alla formazione della creditoria azionata dalla parte opposta.

La pronuncia sopra riportata, unitamente a quelle che medio tempore intervengono in materia, sembra innestarsi in un alveo di sviluppi ed applicazioni giurisprudenziali che – auspicabilmente – potranno riportare i principi espressi dalle Sezioni Unite nel solco del nostro ordinamento giuridico che vede i suoi fondamenti nel principio del giudicato, della terzietà del giudice e della domanda di parte, senza quegli scossoni che l’intervento del Supremo Collegio faceva ritenere di aver dato al modello di civil law italiano.

In questo solco la sentenza in esame, per la quale è la parte interessata che deve rappresentare quei fatti rilevanti, rispetto allo svolgimento della relazione contrattuale che consentano al giudice di verificare se sussista l’effettivo interesse alla somministrazione della tutela giuridica in punto di accertamento della natura vessatoria delle clausole contrattuali.

Sarà quindi precipuo onere del consumatore dimostrare l’effettiva applicazione delle clausole asseritamente vessatorie da parte del professionista e la sua rilevanza nella “erronea e invalida quantificazione delle somme così da far valere .. le conseguenze della propagazione degli effetti della abusività della clausola alla parziale invalidità dell’azione esecutiva” (cfr. Trib. Palermo 6.06.2023).

 

Avv. Barbara Risolvi

Associate

MFLaw Roma

 

Il presente documento non costituisce un parere ed è stato redatto ai soli fini informativi dei clienti di MFLaw e dei lettori del Magazine di MFLaw. È proprietà di MFLaw e non può essere divulgato a soggetti differenti dal destinatario, senza una preventiva autorizzazione scritta.

Trigger Newsletter Fancybox