Recupero crediti e procedure esecutive

Il saggio d’interesse da applicarsi alla sentenza di condanna agli “interessi legali”: commento alla sentenza n. 12449 del 7 maggio 2024 delle sezioni unite

Premessa

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 12449 del 7 maggio 2024 (Pres. D’Ascola, Rel. Scoditti), hanno risolto il contrasto giurisprudenziale sul saggio d’interesse da applicare alla sentenza di condanna nel caso in cui la stessa faccia riferimento agli “interessi legali”, senza ulteriori specificazioni da parte del Giudice.

Questo il principio di diritto espresso:

Ove il giudice disponga il pagamento degli «interessi legali» senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.

 

1. Il caso

La controversia nasce dall’opposizione proposta da una Società per azioni presso il Tribunale di Milano avverso un atto di precetto, con il quale era stato intimato il pagamento di circa 116.000,00 euro, oltre agli interessi maturandi sulla sorte capitale, in virtù del titolo giudiziale emesso dal medesimo Tribunale.

L’attrice intimata lamentava l’erroneità del calcolo degli interessi di mora, effettuato nel precetto, adducendo che gli stessi erano stati calcolati ai sensi dell’art. 1284, comma 4, cod. civ., con decorrenza dal momento della domanda giudiziale nonostante il titolo azionato non prevedesse siffatta disposizione e neppure fosse stata formulata espressa domanda in tal senso. L’attrice aggiungeva, inoltre, che il credito riconosciuto dal titolo giudiziale escludeva l’applicazione dell’articolo 1284, comma 4, cod. civ., trattandosi di credito risarcitorio (ex art. 2049 cod. civ.) e che il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto integrare o applicare in via estensiva, quanto non specificatamente disposto dal giudice di cognizione.

Il Tribunale adito, avvalendosi del rinvio pregiudiziale (ex art. 363/2 c.p.c.), poneva alla Suprema Corte il seguente quesito: “Se in tema di esecuzione forzata – anche solo minacciata – fondata su titolo esecutivo giudiziale, ove il giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi al cui pagamento ha condannato il debitore, limitandosi alla loro generica qualificazione in termini di “interessi legali” o “di legge” ed eventualmente indicandone la decorrenza da data anteriore alla proposizione della domanda, si debbano ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all’art. 1284 primo comma c.c. o – a partire dalla data di proposizione della domanda – possano ritenersi liquidati quelli di cui al quarto comma del predetto articolo”.

1.a. La questione di diritto

Le Sezioni Unite sono state chiamate, quindi, a stabilire se la mera previsione degli “interessi legali” nella pronuncia di condanna da parte del giudice dell’accertamento, possa essere interpretata, con riferimento agli interessi decorrenti dalla proposizione della domanda, “nei termini del saggio di interessi previsti dal quarto comma dell’articolo 1284 cod. civ.” o se, invece, in assenza di indicazioni nel dispositivo, il saggio degli interessi da applicarsi debba essere quello previsto dal primo comma del medesimo articolo.

 

2. Il contrasto giurisprudenziale

Sul punto le sezioni semplici della Corte hanno espresso negli anni, orientamenti contrapposti. In particolare:

a) il primo e maggioritario indirizzo ermeneutico statuisce che ove il giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi che ha comminato, limitandosi alla generica qualificazione degli stessi in termini di “interessi legali” o “di legge”, si devono ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all’art. 1284 c.c., comma 1, in ragione della portata generale di questa disposizione, rispetto alla quale le altre ipotesi di interessi previste dalla legge hanno natura speciale” (Cass., 27/09/2017, n. 22457; Cass. 23/04/2020, n. 8128; Cass. 14/07/2023, n. 20273; Cass. 04/08/2023, n. 23846). Il fondamento di tale indirizzo trae origine sia dalla diversa natura delle funzioni svolte dal giudice di cognizione rispetto a quello dell’esecuzione sia dalla circostanza che l’applicazione di interessi diversi da quelli di cui al primo comma dell’art. 1284 cod. civ. necessita dell’accertamento degli elementi costitutivi del caso di specie (accertamento di fatto precluso al giudice dell’esecuzione).

b) altro indirizzo, riconducibile a pronunce della Sezione Lavoro, statuisce che gli interessi di cui all’art. 1284 c.c., co. 4, in caso di condanna al pagamento di somme a qualunque titolo dovute, siano dovuti automaticamente, senza necessità di apposita precisazione del saggio da applicarsi (tra le altre, Cass. 07/11/2018, n. 28409; Cass. 20/09/2020, n. 19906; Cass. 20/01/2021, n. 943).

 

3. La decisione delle Sezioni Unite

Passati, quindi, in rassegna gli orientamenti espressi dalle Sezioni semplici ed esaminata la norma dettata dall’art. 1284 c.c., la Corte ha affermato, sul solco dell’orientamento di cui al punto 2, sub a), come le funzioni assegnate dalla legge al giudice di cognizione e al giudice dell’esecuzione siano di diversa natura.

Il giudice dell’esecuzione, infatti, svolge un’attività che ha “natura rigorosamente esecutiva” e, pertanto, al cospetto del titolo giudiziale azionato deve limitarsi esclusivamente a dare attuazione al comando contenuto nel titolo esecutivo medesimo, non avendo poteri di cognizione sulla questione giuridica. Al giudice dell’esecuzione, quindi, è rimessa una attività di mera interpretazione del titolo messo in esecuzione, essendogli, invece, preclusa un’attività di integrazione del contenuto precettivo incluso nel titolo.

Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha rilevato che “il quarto comma dell’art. 1284 non integra un mero effetto legale della fattispecie costitutiva degli interessi (cui la legge collega la relativa misura), ma rinvia ad una fattispecie, i cui elementi sono per una parte certamente rinvenibili in quelli cui la legge in generale collega l’effetto della spettanza degli interessi legali, ma per l’altra è integrata da ulteriori presupposti, suscettibili di autonoma valutazione rispetto al mero apprezzamento della spettanza degli interessi nella misura legale”.

Le Sezioni Unite continuano affermando che il quarto comma dell’art. 1284 Cod. civ., relativo ai c.d. “super interessi”, non integra un mero effetto legale della fattispecie costitutiva degli interessi, ma rinvia ad una diversa ipotesi che prevede la sussistenza di ulteriori presupposti, suscettibili di autonoma valutazione giudiziale rispetto alla mera spettanza degli interessi nella misura legale.

Ai fini dell’applicazione del tasso maggiorato è richiesto quindi l’accertamento della sussistenza di tali ulteriori presupposti, consistenti alla luce del dato normativo:

  • nell’accertamento di una fonte dell’obbligazione suscettibile di produrre gli interessi ex 1284, co. 4, c.c.;
  • nell’assenza di una diversa determinazione contrattuale della misura degli interessi;
  • nell’individuazione del momento di proposizione della domanda.

La verifica in questione è necessariamente demandata al giudice della cognizione.

Ne discende che, “dal punto di vista del giudice dell’esecuzione, la mera previsione, nel dispositivo e/o nella motivazione del titolo esecutivo, degli “interessi legali” è inidonea ad integrare il detto accertamento”.

Le Sezioni Unite concludono sostenendo che se il titolo esecutivo è “silente”, il creditore non potrà conseguire in sede di esecuzione forzata il pagamento degli interessi maggiorati, stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, potendo, laddove ancora ammissibile, affidarsi al solo rimedio impugnatorio”. Il titolo esecutivo giudiziale, nel dispositivo e/o nella motivazione, deve così contenere la previsione delle spettanze degli interessi maggiorati.

 

Avv. Elisabetta Terrazzino

Associate

MFLaw Roma

 

 

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