Recupero crediti e procedure esecutive

L’applicabilità dell’ART. 1284 C.C. alle obbligazioni risarcitorie da inadempimento contrattuale

Commento a Tribunale di Savona, Sez. civile, sentenza 25 settembre 2020

  1. Premessa.

Al fine di contrastare il diffuso ritardo nel pagamento delle obbligazioni contrattuali, il Legislatore ha introdotto con l’art. 17, co. 1, del D.L. 12/09/2014, n. 132 (convertito con modificazioni nella Legge 10/11/2014, n. 162), un quarto comma all’art. 1284 c.c., regolante il saggio degli interessi legali, statuendo che “Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.

La disposizione è foriera di varie implicazioni, che la giurisprudenza di settore non ha mancato di rilevare. 

 

  1. Sulla natura degli interessi di mora introdotti dall’art. 1284, comma 4, c.c..

Da un punto di vista sistematico, la ratio dell’art. 1284, comma 4 c.c. è quella di estendere alle obbligazioni pecuniarie di natura contrattuale la disciplina, speciale, già prevista per i ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali.[1]

Il dies a quo per il calcolo della decorrenza degli interessi è quello della proposizione di una domanda giudiziale (valevole, quanto agli effetti, quale costituzione in mora ex processo)[2] e la precondizione sostanziale è costituita dalla mancata pattuizione nel contratto della misura degli interessi dovuti dalle parti. 

La disposizione in esame evidenzia la volontà del legislatore di contrastare la storica strumentalizzazione del processo civile, le cui tempistiche diradate inducono i debitori a servirsene, di fatto, quale forma di “finanziamento al ribasso”. 

Si è quindi previsto che, all’avvio di un contenzioso, il saggio degli interessi legali successivamente riconosciuti con il provvedimento di definizione della lite subisca un significativo incremento rispetto al tasso legale semplice (art. 1284, comma 1, c.c.).

Ciò, al duplice fine di tutelare la posizione del creditore rispetto al pregiudizio che potrebbe subire per l’inadempimento del debitore ed i tempi processuali del sistema giustizia, oltre a scoraggiare eventuali intenti dilatori dei debitori morosi, penalizzandone la ingiustificata resistenza processuale con l’applicazione del tasso d’interesse legale speciale, previsto per le transazioni commerciali e pari al tasso di riferimento (di cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze dà notizia semestralmente) del saggio legale, maggiorato dell’8,00%.[3] 

 

  1. La giurisprudenza di legittimità.

L’argomento è stato oggetto di un attento esame da parte della Suprema Corte, la quale con la nota sentenza n. 28409/2018 aveva già interpretato l’art. 1284, co. 4, c.c. in chiave estensiva, prevedendo la sua applicabilità alle obbligazioni che costituivano l’oggetto principale del contratto ed anche a quelle restitutorie aventi nel contratto la loro fonte genetica.[4]

La Cassazione ha posto l’accento sull’incipit dell’art. 1284 c.c., co. 4, c.c. in cui si legge: “Se le parti non ne hanno determinato la misura…”. Tale proposizione delimita nettamente l’ambito di applicabilità della norma, correlandola alle sole obbligazioni pecuniarie di origine “contrattuale”.[5]

In relazione alle obbligazioni pecuniarie diverse da quelle contrattuali (id est: quelle derivanti dalle altre fonti contenute nell’art. 1173 c.c.), la disciplina dell’art. 1284, co. 4, c.c. non sarebbe materialmente applicabile, per via dell’impossibilità pratica di individuare, nelle casistiche alternative al contratto, il requisito della volontà delle parti di definire un determinato saggio d’interesse quale accessorio della prestazione dovuta e/o quale conseguenza dell’inadempimento.

Su tale impostazione normativa, la Cassazione è intervenuta in via interpretativa, statuendo che: “Il saggio d’interesse legale stabilito nella disposizione normativa presente nell’art 1284, comma 4, cod. civ. trova applicazione esclusivamente quando la lite giudiziale ha ad oggetto l’inadempimento di un accordo contrattuale, anche in relazione alle relative obbligazioni restitutorie”.

L’estensione interpretativa compiuta dalla S.C. è stata “semplicemente” quella di trattare le obbligazioni derivanti da inadempimento[6] alla stregua delle obbligazioni derivanti dall’adempimento contrattuale già contenute nella legge, sul presupposto della logica correlazione funzionale tra le due tipologie. 

 

  1. La recente giurisprudenza di merito.

Con sentenza del 25 settembre 2020, n. 1852/2019 R.G., il Tribunale di Savona ha confermato l’applicabilità dell’art. 1284, co. 4, c.c. a tutte le obbligazioni di fonte contrattuale, includendo nel novero anche quelle risarcitorie derivanti da inadempimento.

La pronuncia conferma la possibilità che, oltre alle obbligazioni di valuta, possano essere liquidate anche quelle di valore, come l’obbligazione al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale, sul presupposto che l’applicazione degli interessi di mora non avviene automaticamente (come nel caso degli interessi legali), ma deriva da una specifica iniziativa del creditore, consistente nella proposizione della domanda giudiziale. Tali obbligazioni di valore, inoltre, restano sottratte al principio nominalistico e devono essere quantificate dal giudice (anche d’ufficio) in considerazione della rivalutazione monetaria sopravvenuta al momento della liquidazione.[7]

Con la sentenza in commento il Tribunale di Savona, quindi, nell’uniformarsi al citato precedente della S.C., ne ha esteso ulteriormente la portata, ritenendo (sempre in via interpretativa) che nel novero delle obbligazioni di natura contrattuale, oltre alle obbligazioni c.d. “restitutorie” già individuate dalla S.C., dovessero essere incluse anche quelle risarcitorie.[8]

Rientrano in tale categoria, secondo la sentenza, le obbligazioni da risarcimento come conseguenza del contatto socio-giuridico sorto tra i contraenti,[9] purché fondate sul requisito specifico della loro derivazione, secondo un chiaro nesso causale, dall’inadempimento contrattuale.

Restano escluse dalla portata della norma tutte le obbligazioni derivanti da fatto illecito, per l’autonoma disciplina e perché per esse non sarebbe ipotizzabile, neppure in via astratta, un accordo delle parti sulla determinazione del saggio di interesse dovuto, non potendo il giudice introdurre ulteriori limiti di applicabilità della norma non desumibili dal tenore letterale della disposizione.

La domanda di pagamento e condanna del creditore rivolta al Tribunale dovrà specificatamente indicare a quale titolo si chiede il ristoro dei propri diritti, ben potendo la domanda della parte, ai sensi dell’art. 99 c.p.c., risultare, sul piano dell’azione, limitata alla pretesa anche solo di una parte delle categorie di obbligazioni individuate dalla giurisprudenza (da adempimento, restitutorie, risarcitorie). Il tasso previsto per gli interessi moratori dalla disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali è un tasso d’interesse legale a tutti gli effetti. Quindi il giudice che lo applichi d’ufficio su richiesta generica del creditore / attore non incorrerà nel vizio di ultra-petizione, non facendo altro che qualificare giuridicamente la domanda.

 

  1. Conclusioni 

Alla luce dell’uniformità e condivisione dei criteri interpretativi della giurisprudenza in relazione all’art. 1284 c.c., i creditori, ricorrendo i presupposti indicati, avranno la possibilità di conseguire un ristoro di molto superiore a titolo di interessi moratori, nell’ambito dei giudizi aventi ad oggetto debiti derivanti da obbligazioni, anche risarcitorie, da inadempimento contrattuale. 

Al contempo, è interesse del debitore evitare che dall’eventuale soccombenza nel giudizio possa derivare un ulteriore aggravio economico conseguente all’applicazione all’obbligazione da inadempimento contrattuale del tasso di interesse commerciale. 

Tale interpretazione “spingerà” vieppiù le parti del processo, moralizzandole, a ricercare una possibile definizione transattiva della controversia, prima della conclusione del giudizio, per evitare il rischio di aggravamento della posizione debitoria della parte soccombente, quale effetto della maggiorazione degli interessi ex art. 1284, comma 4, c.c.. 

 

Dott. Alessio D’Ascenzo

Studio Legale Mannocchi & Fioretti

Sede di Roma 

 

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[1] Di cui al D.lgs. 09/10/2002, n. 231.

[2] Da intendersi inclusivo della procedura di arbitrato, nell’ipotesi di cui al successivo comma 5.

[3] Il MEF indica periodicamente il saggio degli interessi di mora da applicarsi nei casi di ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali ai sensi dell’art. 5, co. 2, del D. Lgs. n. 231/2002. Come da comunicato ministeriale (pubblicato, da ultimo, sulla G.U. n. 166/2021), ai ritardi di pagamento delle transazioni commerciali si applica attualmente un tasso di mora nella misura dell’8,00% (cfr. D. Lgs. n. 192/2012, in vigore dal 1° gennaio 2013).

[4] Tale delimitazione è utile in assenza di inequivoche indicazioni letterali rese dal legislatore.

[5] Infatti, in assenza di tale precisazione, la disposizione in esame potrebbe apparire una mera ripetizione della disciplina dei danni da inadempimento nelle obbligazioni pecuniarie, già disciplinati dall’art. 1224 c.c..

[6] c.d. obbligazioni restitutorie, conseguenti ad un esito patologico del negozio giuridico originariamente pattuito.

[7] In questo senso, cfr. Cass. sent. n. 11021/99; n. 166/96; n. 10722/95.

[8] Ossia quelle volte alla riparazione dei pregiudizi derivanti dall’inadempimento, inclusive anche di effetti ulteriori rispetto agli impegni contrattuali.

[9] È una forma di responsabilità contrattuale che non nasce da un contratto, ma da un altro rapporto giuridico (ad es. responsabilità della banca per il pagamento di un assegno circolare a soggetto non legittimato).

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