
Aggiornamenti Giurisprudenziali
MUTUO SOLUTORIO: LA SENTENZA DELLE SS. UU. N. 5841 DEL 5 MARZO 2025
Premessa.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 5841 del 5 marzo 2025, ha risolto il contrasto giurisprudenziale in tema di mutuo c.d. “solutorio”.
Per mutuo “solutorio”, come precisato dalle stesse SS. UU. nella pronuncia in commento, si intende comunemente, «il mutuo seguito dalla contestuale o comunque immediata destinazione delle somme a ripianare debiti pregressi».
- – L’ordinanza interlocutoria.
Con l’Ordinanza interlocutoria n. 18903 del 10 luglio 2024, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato la questione della qualificazione del cosiddetto “mutuo solutorio”, con particolare riguardo alla necessità di verificare se la modalità di erogazione della somma – cui si correla l’obbligo del mutuatario di utilizzarla per estinguere una propria diversa posizione debitoria verso il mutuante – integri una datio rei suscettibile di porre il danaro nella disponibilità del mutuatario, ovvero si traduca in una mera operazione contabile, qualificabile alla stregua di pactum de non petendo ad tempus, funzionale a procrastinare la scadenza dei debiti pregressi. In particolare, la Corte ha affermato che si sono registrate sul punto soluzioni non uniformi nelle sezioni semplici, rendendosi perciò opportuno l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite. Pertanto, con tale ordinanza, la Corte ha rimesso al Primo Presidente, per la rimessione alle SS. UU., la questione inerente la qualificazione del c.d. “mutuo solutorio”, domandando: «se sia corretto ritenere che il ripianamento delle precedenti passività eseguito dalla banca autonomamente e immediatamente con operazione di giroconto […] soddisfi il requisito della disponibilità giuridica della somma a favore del mutuatario, per cui il ripianamento delle passività abbia costituito una modalità di impiego dell’importo mutuato entrato nella disponibilità del mutuatario», ed inoltre «in caso di risposta positiva, […] se in tale ipotesi il contratto di mutuo possa costituire anche titolo esecutivo».
- – Il contrasto giurisprudenziale.
- Un primo orientamento, tradizionale e prevalente (Cass. Sez. 1, n. 5193/1991; Sez. 1, n. 11116/1992; n. 1945/1999; più di recente: Cass. Sez. 3, n. 23149/2022, Cass. Sez. 1, ordinanza n. 16377/2023; n. 31560/2023; n. 5151/2024; n. 2779/2024), ritiene valido il c.d. mutuo solutorio, sulla base delle seguenti motivazioni:
– il c.d. mutuo solutorio, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo, in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico;
– l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente a integrare la datio rei giuridica propria del mutuo;
– il perfezionamento del contratto di mutuo, con la consequenziale nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo, non rilevando, a detto fine, che sia previsto l’obbligo di utilizzare quella somma a estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante;
– l’effettività della traditio è in tal caso dimostrata dal fatto che l’impiego per l’estinzione del debito già esistente produce l’effetto di purgare il patrimonio del mutuatario di una posta negativa;
– il ripianamento delle passività costituisce una delle possibili modalità di impiego della somma mutuata (il ricorso al credito come mezzo di ristrutturazione del debito essendo anzi previsto dall’ordinamento: artt. 182-bis e 182-quater l.f.).
- Un secondo orientamento, minoritario e più recente (Cass. Sez.1, n. 20896/2019; Cass. Sez. 3, sentenza n. 7740/2020; Cass. Sez. 1, sentenza n. 1517/2021), sostiene, al contrario, che:
– il mutuo solutorio configura un’operazione meramente contabile in dare e avere sul conto corrente, non inquadrabile nel mutuo ipotecario, il quale presuppone sempre l’avvenuta consegna del denaro dal mutuante al mutuatario;
– esso provoca l’effetto sostanziale di dilatare le scadenze dei debiti pregressi con conseguente applicazione dell’art. 1231 c.c.;
– determina i soli effetti del pactum de non petendo ad tempus, restando modificato soltanto il termine per l’adempimento, senza alcuna novazione dell’originaria obbligazione del correntista;
– non può ritenersi realizzata la traditio delle somme quando queste siano contestualmente destinate a ripianare debiti pregressi.
3. – La pronuncia delle SS. UU.: la validità del c.d. “mutuo solutorio”.
In primo luogo, le SS. UU. hanno evidenziato che il contrasto giurisprudenziale sopra richiamato deve essere risolto dando continuità al primo orientamento, e ciò sulla base delle seguenti motivazioni:
- secondo le SS. UU. con l’accredito delle somme sul conto corrente, il contratto di mutuo è da intendersi perfettamente concluso e la «disponibilità giuridica» della somma effettivamente conseguita. Ciò a prescindere dal successivo impiego delle somme erogate;
- l’accredito sul conto corrente si configura sì in una operazione contabile, ma non deve essere svalutata tale nozione come sinonimo di operazione fittizia o apparente, ma va considerata come una reale vicenda economica e giuridica, costituita dall’inserimento di una posta attiva in capo al correntista, come tale idonea a comportare inevitabili mutamenti nei rapporti di dare/avere con la banca mutuante;
- il mutuo solutorio non è una figura contrattuale atipica, né diversa dal contratto tipico di mutuo. Esso ha piuttosto una valenza meramente descrittiva di un particolare utilizzo del mutuo;
- il mutuo solutorio non configura un mutuo di scopo: nel mutuo di scopo una parte si obbliga a fornire le risorse economiche necessarie per il conseguimento di una finalità legislativamente prevista o convenzionalmente pattuita ad un’altra parte, sicché l’impegno assunto dal mutuatario si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale. Tutto ciò non si verifica nel mutuo solutorio, nel quale l’utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma, quale elemento logicamente successivo si colloca interamente su di un piano ulteriore e distinto.
- Non è un pactum de non petendo, in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché tale spostamento è il presupposto dell’operazione: l’accredito in conto corrente delle somme erogate non solo è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo, ma anzi proprio la possibilità di un loro impiego è condizione per estinguere il debito già esistente.
Le SS. UU. della Cassazione hanno poi chiarito che va considerato valido il mutuo solutorio fondiario, non potendo configurare causa di nullità del contratto per mancanza di causa o la sua risoluzione per inadempimento, laddove il mutuo fondiario sia finalizzato a ripianare debiti pregressi.
Ed infatti, anche per il mutuo fondiario, lo scopo del finanziamento esula dalla causa del contratto, rappresentata, al contrario, dall’immediata disponibilità di denaro, a fronte della concessione di una garanzia immobiliare ipotecaria, e dall’obbligo di restituzione della somma erogata.
Altro tema centrale affrontato dalla sentenza in commento è la validità di titolo esecutivo del mutuo solutorio. Ad avviso delle Sezioni Unite, la destinazione delle somme mutuate al ripianamento di pregresse esposizioni, non toglie, ma anzi presuppone, che il mutuo si sia perfezionato con l’accredito delle somme sul conto corrente, riconoscendo nel contratto medesimo la ricorrenza dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c..
Le Sezioni Unite hanno, infine, affrontato la controversa questione riguardante la possibilità di ritenere sussistente la disponibilità giuridica della somma a favore del mutuatario, laddove il ripianamento dei debiti pregressi sia stato eseguito dalla banca in mancanza di un effettivo consenso del mutuatario alla destinazione delle somme a tale fine.
Ebbene, il Supremo Consesso, partendo dalle precedenti considerazioni e dall’effetto contabile, economico e giuridico dell’accredito delle somme sul conto corrente del mutuatario, con conseguente mutamento della situazione debitoria/creditoria, ha riconosciuto l’accredito e la disponibilità giuridica delle somme, con conseguente perfezionamento del contratto di mutuo.
Più precisamente, la Corte sostiene che la movimentazione in uscita di somme dal conto corrente bancario operata in assenza di disposizioni in tal senso dell’intestatario, è « una condotta illecita aggredibile, se del caso, dall’interessato, in sé e per sé, con i rimedi restitutori e/o risarcitori appropriati (fermo restando che di contro occorrerebbe anche considerare il venir meno dell’effetto estintivo delle pregresse esposizioni e l’insorgere dell’obbligo di restituire comunque le somme messe a disposizione), ma resta pur sempre fatto distinto dal mutuo e dalla erogazione delle somme che lo ha perfezionato attraverso l’accredito; l’eventuale illiceità di quell’atto non può valere a elidere la realtà effettuale del fatto che lo precede, vale a dire l’accredito e la disponibilità giuridica delle somme che con esso si determina».
- – Il principio di diritto.
Sulla base delle precedenti considerazioni, il Supremo Consesso, con la sentenza n. 5841 del 5 marzo 2025, ha affermato il seguente principio di diritto: «Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo».
- – Conclusioni.
In conclusione, le Sezioni Unite, facendo proprio l’indirizzo maggioritario in materia, hanno definitivamente sancito la legittimità del c.d. “mutuo solutorio”, chiarendo che, la destinazione delle somme mutuate al ripianamento di pregresse esposizioni, ancorché immediato e realizzato attraverso una mera operazione contabile “di giro”, non toglie, ma presuppone, il perfezionamento del mutuo, già avvenuta con l’accredito delle somme erogate, da ciò conseguendone, la validità del mutuo solutorio, in presenza dei requisiti ex art. 474 c.p.c., quale titolo esecutivo.
Avv. Federica Piubelli
Partner
MFLaw STAPA
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