Recupero crediti e procedure esecutive

Profili di responsabilità della Banca nell’ambito del c.d. bene emissione di assegno circolare

Introduzione

Il c.d. bene emissione è uno strumento interbancario volto a verificare l’autenticità di un titolo di credito e, nella specie, di un assegno circolare da parte della Banca negoziatrice.

Tale strumento si inserisce nel contesto di una prassi bancaria consolidata nella quale, a fronte della richiesta esplicita da parte del correntista, l’Istituto negoziatore può, non solo, operare una verifica della percepibilità ictu oculi di alterazioni del titolo, ma anche farsi carico di interpellare la Banca emittente l’assegno al fine di verificarne l’autenticità.

Il contatto tra i due Istituti di credito può atteggiarsi differentemente a seconda del canale prescelto da parte della Banca negoziatrice e così svariare dalla “semplice” telefonata del funzionario alla filiale emittente l’assegno, allo scambio di mail o corrispondenza pec.

Proprio rispetto al contenuto di tale prassi s’innestano le principali questioni giuridiche, oggetto di sempre più frequente dibattito, attese le azioni intraprese dai correntisti contro la Banca negoziatrice a causa dello storno di assegni circolari messi all’incasso, in seguito rivelatisi falsi/contraffatti o clonati, nonostante la asserita bene emissione prestata da parte della convenuta.

La casistica tipica è quella di acquisti truffaldini di beni mobili di valore, anche registrati, operati sulla base di annunci on line, cui fa seguito l’invio, da parte dell’asserito compratore, di una fotografia dell’assegno falso che il venditore esibisce alla Banca presso la quale ha acceso il conto, prima della consegna del bene; a fronte della asserita rassicurazione ricevuta dalla propria Banca il cliente consegna il bene al truffatore e riceve in cambio l’originale dell’assegno circolare che è dunque messo all’incasso in un momento successivo alla perdita della disponibilità di quanto venduto.

 

Natura e contenuto del c.d. bene emissione

Le principali tematiche giuridiche attengono alla natura e al contenuto dell’obbligo della Banca e quindi al profilo della condotta dell’Istituto, posta dai clienti alla base della responsabilità risarcitoria.

In realtà il bene emissione di un assegno, prestato dalla Banca negoziatrice al cliente, costituisce una mera prassi bancaria, non disciplinata dalla legge né dalle norme bancarie uniformi, in relazione alla quale non sussiste alcun obbligo di prestazione a carico dell’Istituto negoziante.

In altre parole la Banca non è obbligata ad accogliere la richiesta del cliente di verifica dell’autenticità dell’assegno circolare, ma se acconsente a una tale verifica assume responsabilità laddove l’obbligazione assunta non sia svolta con la dovuta diligenza, che sarà necessariamente quella della c.d. diligenza professionale qualificata ex art. 1176 co. 2 c.c.

Premesso che la Suprema Corte ha definito il bene emissione come “un attestato in ordine alla bontà dell’assegno circolare, che costituisce una garanzia immediata in ordine all’affidabilità dell’assegno rilasciata, anche telefonicamente, da parte della banca emittente, ma che non influisce sulla materiale disponibilità della somma” (Cass. n. 20750/2022 richiamante Cass. n. 26171/2006), la giurisprudenza si è variamente pronunciata sulla natura della responsabilità.

Secondo una prima prospettazione, la responsabilità della Banca troverebbe fondamento nel contratto di conto corrente di corrispondenza in essere tra le parti, afferendo alla “negligente esecuzione di operazioni preparatorie all’incasso dell’assegno nell’ambito dell’apposito servizio riconducibile alle prestazioni dovute dalla Banca sulla base del citato contratto” (Trib. Busto Arsizio, sentenza del 03.03.2020), ma una tale definizione sembra appropriata per una mera verifica cartolare del titolo, non già per l’ulteriore attivazione presso la Banca emittente che costituisce la caratteristica precipua del bene emissione.

È allora preferibile l’interpretazione secondo cui la dichiarazione di bene emissione si risolve nell’assunzione di un obbligo di protezione senza “prestazione principale”, che deriva dal contatto sociale qualificato tra le parti, ma che non è paragonabile “a una lettera di patronage c.d. forte o ad una promessa del fatto del terzo (adempimento della banca emittente) ai sensi dell’art.1381 c.c.” (Trib. Verona, sentenza del 06.07.2021).

A seguito dell’assunzione della verifica la Banca assume dunque responsabilità di natura contrattuale per le informazioni rese per cui diviene fondamentale, in concreto, il profilo probatorio dell’assunzione dell’obbligo che, in tendenziale mancanza di documenti idonei, nella prassi è solitamente rimesso alla prova testimoniale che riguarda, non la semplice disponibilità del funzionario ad effettuare una telefonata, ma la garanzia dell’affidabilità del titolo.

Una volta definita la natura della responsabilità, vanno precisati i contenuti di diligenza richiedibili alla Banca che, secondo un condivisibile orientamento, possono variare laddove il cliente prospetti la rischiosità dell’operazione: pare infatti corretto pretendere un maggior grado di diligenza laddove la richiesta sia accompagnata dalla deduzione specifica delle ragioni a fondamento, ossia della necessità di verifica dell’autenticità di un assegno inviato da parte di soggetto con il quale, tendenzialmente, i contatti sono stati solo telefonici a seguito di un annuncio di vendita in line.

Ciò posto, in generale, circa il contenuto di diligenza i Giudici di merito sono orientati nel ritenere che la predetta operazione, se svolta unicamente tramite contatto telefonico, non sia di per sé bastevole ad integrare il richiesto parametro della diligenza professionale ex art. 1176 co. 2 c.c.

Perché tale requisito risulti soddisfatto è difatti necessario che la richiesta all’emittente di bene emissione sia almeno accompagnata da una conferma scritta della banca trattaria e dalla verifica, in occasione della telefonata, dell’identità del soggetto che ha fornito il bene-emissione, restando altrimenti la negoziatrice responsabile per il legittimo affidamento ingenerato nel cliente circa la genuinità dell’assegno.

Se la semplice telefonata di per sé non è dunque sufficiente per ritenere assolta la corretta prestazione in capo alla Banca negoziatrice – sempre che, lo si ripete, sia stato assunto l’obbligo di garantire l’autenticità – la comunicazione via mail, od ancor meglio tramite pec, risulta il mezzo preferibile secondo la giurisprudenza prevalente: “la richiesta di un bene emissione scritto – ottenibile in tempo reale attraverso comunicazioni elettroniche di sicura provenienza – avrebbe reso ben più difficoltosa la frode perpetrata” Trib. Busto Arsizio, cit.), mentre “il solo contatto telefonico tra banca negoziatrice e banca emittente non dà certezza sul contenuto della comunicazione, anche qualora esso avvenga con un funzionario della seconda, poiché non si possono escludere errori di comprensione tra i due interlocutori” (Trib. Verona, cit.).

 

Conclusioni

Il bene emissione dell’assegno circolare costituisce prassi sempre più diffusa nell’ambito del rapporto tra Banca e clientela.

L’assenza di specifici riferimenti normativi ha rimesso alla giurisprudenza la definizione del contenuto dell’obbligo, con interpretazione sempre più incline ad attribuire gravosi oneri in capo alla Banca negoziatrice che mal si conciliano con il “quotidiano operare” degli Istituti di credito.

Diventa allora fondamentale che l’impegno a garantire l’autenticità del titolo sia assunto solo laddove sia possibile procedere alla verifica con i mezzi dotati della necessaria sicurezza per evitare azioni del correntista truffato che, di frequente, si fondano su una richiesta informale formulata in via di urgenza nell’immediatezza dello scambio del bene e sulla base di una mera fotografia dell’assegno.

Sotto tale ultimo profilo si auspica una adeguata valorizzazione giurisprudenziale anche della condotta del cliente che spesso non si connota di adeguata diligenza, ma comporta l’accettazione di un rischio ingiustificato le cui conseguenze negative non pare equo riversare sull’istituto negoziatore sulla base di richieste frettolose che non è possibile evadere adeguatamente nei ristretti termini concessi dal cliente.

 

Avv. Andrea Pisani

Associate

MFLaw Milano

 

Il presente documento non costituisce un parere ed è stato redatto ai soli fini informativi dei clienti di MFLaw e dei lettori del Magazine di MFLaw. È proprietà di MFLaw e non può essere divulgato a soggetti differenti dal destinatario, senza una preventiva autorizzazione scritta.

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