Aggiornamenti Giurisprudenziali

I nuovi limiti delle istanze ex art. 119 Tub e di esibizione ex art. 210 c.p.c. per le società commerciali in recenti interventi della giurisprudenza di merito

1. Introduzione.

Nei rapporti bancari l’insieme dei diritti e dei doveri delle parti è regolato dal T.U.B. (Testo Unico Bancario), dal codice civile e da varie leggi speciali.

Nell’ambito del T.U.B. (D. Lgs. 385/1993), tra i doveri principali della Banca è previsto l’onere di rendicontazione periodico (Art. 119).

Nell’ambito di questo dovere generale, la norma prevede anche lo specifico diritto della parte di richiedere episodicamente alla Banca la documentazione inerente a singole operazioni contabili poste in essere negli ultimi dieci anni, con onere di consegna nel termine di legge di gg. 90 (Art. 119, co. 4).

La norma ha un’influenza rilevante sull’andamento delle controversie civili, essendo suscettibile di condizionare l’assolvimento dell’onere della prova.

La norma è chiaramente coordinata con l’art. 2220 c.c., secondo cui le scritture e i documenti contabili in genere, delle imprese, devono essere conservate per “dieci anni dalla data dell’ultima registrazione”.

L’art. 119 T.u.l.b. ha quindi natura e portata sostanziale e va concettualmente distinto dall’art. 210 c.p.c. (che pone i presupposti per la concessione di un ordine di esibizione da parte del Giudice), norma prettamente processuale.

 

2. L’actio indebiti e l’onere della prova nell’azione di ripetizione.

Come noto, in tema di ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.) opera il principio generale per cui l’onere della prova è a carico dell’attore, che è tenuto, quindi, a dimostrare sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (cfr. Cass. civ., Sez. II, 27.11.2018, n. 30713; Cass. civ., Sez. VI, ord. 23.10.2017, n. 24948).

Pertanto, il correntista che agisce in ripetizione d’indebito ha l’onere di documentare non solo l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute (cfr. Cass. civ., Sez. I., ord. 26.9.2019, n. 24049), ma anche di produrre il contratto che contiene le clausole di cui deduce la nullità.

La Suprema Corte ha chiarito come, in tal caso, l’attore è investito dell’onere della prova “…senza poter invocare il principio di vicinanza alla prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione (cfr. Cass. civ., Sez. VI-1, 13.12.2019, n. 33009)” (cfr. CdA Roma, sent. n. 1648/2023).

Il principio è ritenuto applicabile anche nelle azioni di mera rideterminazione del saldo o di accertamento negativo del debito.

 

3. Limiti oggettivi nell’istanza ex art. 119 Tub e limiti soggettivi nell’istanza ex art. 210 c.p.c..

Negli ultimi tempisi registra una rapida evoluzione nell’inquadramento, coordinato, dei limiti di esercizio dell’istanza ex art. 119 Tub e della correlata istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c..

 

3.1 – Sui limiti oggettivi dell’istanza ex art. 119 Tub.

Sancito il principio per il quale l’onere della prova grava sempre sul correntista che agisce in ripetizione, la giurisprudenza più recente riconosce che il limite decennale di conservazione della documentazione bancaria (Art. 119, co. 4, T.u.l.b.) risponde ad un principio generale (art. 2220 c.c.) e ciò comporta l’impossibilità di ritenere, per la Banca, un obbligo illimitato alla conservazione della documentazione dei rapporti.

Sul punto: “…laddove si consideri che la Banca convenuta non era tenuta a conservare un contratto di conto corrente stipulato oltre dieci anni prima e che, quindi, potesse non esserne in possesso, non è possibile trarre alcun elemento di prova dalla mancata produzione da parte della stessa del contratto in questione” (CdA Roma, sent. n. 1648/2023).

Nello stesso senso il recente orientamento di legittimità: “sarebbe contrario a buona fede imporre alla Banca – la quale peraltro provvede all’invio periodico degli estratti conto che il cliente è tenuto a conservare – di preservare, in modo integrale e completo, oltre il decennio tutta la documentazione afferente i singoli rapporti di conto corrente con il cliente, atteso che si finirebbe per obbligare la Banca a conservare potenzialmente all’infinito una massa indeterminata di dati, costringendo la stessa ad una attività dispendiosa” (cfr. Cass. n. 35039/2022).

Significativamente, la S.C. estende tali principi anche ai rapporti sorti anteriormente all’entrata in vigore del Testo Unico Bancario: “La limitazione, entro il decennio, del termine di conservazione della documentazione bancaria (oggi espressa nell’art. 119, comma 4, da ultimo citato) corrisponde ad un principio generale (cfr. art. 2220 cod. civ.), che, in quanto tale, non può che trovare applicazione, evidentemente, anche per i contratti conclusi anteriormente all’entrata in vigore del menzionato d.lgs. e, ancor prima, della legge n. 154 del 1992, in quest’ultimo poi trasfusa” (idem).

I medesimi principi erano stati anticipati anche dalle più equilibrate pronunce di merito (per tutte cfr. Trib. Chieti, Sez. civ., Dott. Grassi, sent. n. 179/2020; Trib. Parma, Sez. civ., d.ssa Ioffredi, ordin. 12/01/2021).

Il limite decennale è anche il riflesso di quello prescrizionale generale dei diritti e delle azioni civili.

Non può quindi esservi dubbio sulla prevalenza dell’odierno orientamento, che ha il merito di porre luce nel giusto equilibrio tra norme sostanziali (art. 119 Tub, art. 2220 c.c. e art. 2946 c.c.).

 

3.2 – Sui limiti soggettivi dell’istanza ex art. 210 c.p.c..

Secondo un principio già da tempo affermato nella giurisprudenza di settore, allorquando ad agire sia una società commerciale, questa è onerata della conservazione delle proprie scritture contabili, con ogni correlata conseguenza in punto di onere della prova nel giudizio (per tutte, Cass. n. 6511/2016).

Il principio risulta di recente valorizzato nella giurisprudenza in materia bancaria, in relazione ai limiti propri dell’azione ex art. 210 c.p.c..

Così, in relazione ai requisiti per la formulazione e l’accoglimento dell’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c., nella giurisprudenza di merito si è rilevato che “…occorre tener conto della natura imprenditoriale dell’istante” (Cfr. CdA Bologna, n. 1349/2023).

A fronte di tale natura, secondo la citata pronuncia, deve ritenersi che la parte che agisce in ripetizione e che chiede emettersi ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. sia “…tenuta alla conservazione della documentazione contabile come prescritto dall’art 2214 cc, con la conseguenza che l’istanza di esibizione si risolverebbe nell’elusione di un obbligo di legge (di corretta tenuta della contabilità) e, in ultima analisi, in un’inversione dell’onere probatorio, posto che la banca sarebbechiamata a subire le conseguenze dell’inadempimento della stessa richiedente”.

Secondo la Corte, quindi, l’attore è gravato dell’onere di allegare e provare l’esistenza di una situazione che legittimi il rimedio ex art. 210 cpc “…vale a dire l’impossibilità o particolare difficoltà di assolvere altrimenti all’onere probatorio”.

 

4. Sulla distinzione di fondo tra onere di esibizione e onere della prova.

Va poi sempre rammentata la fondamentale  distinzione tra onere di esibizione ed onere della prova, laddove il mancato adempimento del primo termine  non comporta l’inversione del secondo.

Sul punto: “la Suprema Corte ha costantemente evidenziato che l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. deve essere tenuto distinto dalla produzione in giudizio dei documenti di cui la parte è direttamente onerata ex art. 2697 c.c..

Sicché esso non può essere considerato in funzione sostitutiva dell’onere probatorio, né l’istanza di parte, cui è subordinata la possibilità di emissione del provvedimento, può avere un effetto modificativo dell’incombenza legale derivante dall’applicazione del ridetto art. 2697 c.c..

Peraltro, non può dimenticarsi che – ai sensi del citato comma 4 dell’art. 119 TUB la Banca può ritenersi legittimata a non conservare per oltre un decennio la documentazione legata al conto e quindi a non dare seguito all’ordine di esibizione per gli estratti precedenti al detto periodo” (Cfr. Trib. Roma, sent. n. 7634/2018; conf. Trib. Napoli, sent. 7327/2020).

L’inottemperanza dunque all’ordine di esibizione (ad esempio degli estratti conto) non influisce sulla valutazione dell’assolvimento dell’onere della prova, come affermato dal Tribunale di Milano n. 5572/23 (“parte convenuta non ha eseguito l’ordine di esibizione emesso dal Giudice ex art. 210 c.p.c., circostanza che tuttavia non influisce sulla ripartizione dell’onere probatorio che, in questo caso, grava sul correntista”).

 

5. Conclusioni

I richiamati principi di sistema, di obiettivo equilibrio, consentono una lettura armonica delle norme interessate (l’art. 119, co. 4, T.u.b., l’art. 2220 c.c., l’art. 210 c.p.c.), con intrinseco richiamo, nei confronti delle parti interessate, alla diligenza ed alla cura dei propri adempimenti sostanziali e processuali.

Non può dubitarsi della corretta soluzione data dalla giurisprudenza ai rapporti tra le citate norme, tenuto conto che il sotteso richiamo delle parti alla cura dei doveri, quale giusto elemento presupposto e funzionale al libero esercizio dei propri diritti, si pone con evidenza a maggior vantaggio del processo, della funzione giurisdizionale e della certezza del diritto.

Roma, 13 luglio 2023

 

Avv. Antonio Pepe
Senior Associate
MFLaw – Sede di Roma

Il presente documento non costituisce un parere ed è stato redatto ai soli fini informativi dei clienti di MFLaw e dei lettori del Magazine di MFLaw. È proprietà di MFLaw e non può essere divulgato a soggetti differenti dal destinatario, senza una preventiva autorizzazione scritta.

 

Trigger Newsletter Fancybox