Recupero crediti e procedure esecutive
Il problema (forse risolto) dell’inibitoria ex artt. 283 e 351 c.p.c. della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo
Commento a Ordinanza Corte di Appello di Roma del 21.03.2023
Il caso.
L’ordinanza collegiale della Corte di Appello di Roma, sezione specializzata imprese, del 21.03.2023 fornisce l’opportunità per approfondire la tematica, dibattuta nel tempo e (forse) oggi definita, della possibilità di chiedere la sospensione in appello ex art. 283 e 351 c.p.c. dell’efficacia “esecutiva” della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
Nel caso affrontato dalla Corte territoriale di Roma, la sentenza di primo grado ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo già provvisoriamente esecutivo ai sensi degli artt. 642 o 648 c.p.c.
Il Collegio capitolino ha dichiarato inammissibile la richiesta di inibitoria, previa illustrazione di contrastanti indirizzi, così motivando: “[..]” ritiene infatti la Corte di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale è inammissibile la richiesta di inibitoria ex artt. 283 e 351 c.p.c. per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo già dichiarato provvisoriamente esecutivo ai sensi degli artt. 642 o 648 c.p.c., poiché la sospensiva non potrebbe in ogni caso influire sull’esecutività della statuizione di condanna contenuta nel decreto ingiuntivo – soggetto peraltro ad apposito controllo in punto di esecutività ex art. 649 c.p.c. – dotato di esecutività in forza del disposto dell’art. 642 c.p.c. e dell’art. 648 c.p.c. e costituente dunque, in sé, titolo esecutivo; considerato che tale orientamento, ancorché non unanime, è peraltro condiviso da larga parte della giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Torino, 21 maggio 2013, Corte d’Appello Milano, 25/10/2005, Corte d’Appello Milano 9 ottobre 2001, Corte d’Appello di Venezia 25 marzo 1999, Corte d’Appello Milano 22 dicembre 1995)”.
Il contrasto (in breve) e la natura (dichiarativa o condannatoria) della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
La questione affrontata dall’ordinanza collegiale che si commenta, è ancora all’attualità oggetto di un divario interpretativo di non agevole soluzione che vede contrapposte, da un lato la dottrina, fortemente sostenitrice dell’ammissibilità dell’inibitoria della efficacia esecutiva della sentenza di rigetto dell’opposizione; dall’altro, divise le stesse Corti d’Appello, propendenti ora per l’inammissibilità o la carenza di interesse all’istanza di emanazione dell’inibitoria di cui agli artt. 283 e 351 c.p.c., per la parte opponente al decreto ingiuntivo la cui opposizione fosse stata rigettata in primo grado, ora per l’adesione all’indirizzo giurisprudenziale meno restrittivo che ammette la richiesta di sospensione in appello, teorizzando che il titolo esecutivo è formato dall’unione del decreto ingiuntivo e della sentenza di rigetto dell’opposizione, così attribuendo a quest’ultima natura di pronuncia di condanna.
Gli orientamenti, pur se contrapposti, in parte condividono la scelta di indagare l’ammissibilità o meno dell’inibitoria nel caso specifico, distinguendo tre diverse ipotesi, corrispondenti a tre fattispecie concrete:
(a) decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo sin dall’emissione ex art. 642 c.p.c. “esecuzione provvisoria”;
(b) decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo in pendenza di opposizione ex art. 648 c.p.c.;
(c) decreto ingiuntivo che diviene esecutivo in forza della sentenza di rigetto dell’opposizione ex art. 653 c.p.c..
L’indirizzo restrittivo.
Per la teoria restrittiva (fra i pionieri, Corte di appello di Torino 21.05.2013) la richiesta di inibitoria della sentenza di rigetto dell’opposizione del decreto ingiuntivo sarebbe preclusa (i) nell’ipotesi di decreto ingiuntivo emesso esecutivo (ex art. 642 c.p.c.) o (ii) dichiarato tale in pendenza di opposizione (ex art. 648 c.p.c.).
Nel primo caso [sub (i)], l’istanza di sospensione in appello sarebbe inammissibile in quanto vi sarebbe un apposito controllo in punto di esecutività del decreto ingiuntivo, demandato al giudice dell’opposizione ex art. 649 c.p.c.; nel secondo caso [sub (ii)] per il fatto che l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, la cui opposizione sia stata rigettata, non dipende dalla sentenza di rigetto ma dall’ordinanza non impugnabile ex art. 648 c.p.c..
L’inibitoria sarebbe inammissibile sul presupposto della carenza d’interesse poiché l’esecuzione forzata poteva essere iniziata e proseguita in forza del solo decreto costituendo ex se titolo esecutivo in considerazione dell’autonoma efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo rispetto alla sentenza di rigetto dell’opposizione.
Sarebbe invece ammissibile – seppure senza pretesa di univocità – l’inibitoria per il caso di decreto ingiuntivo non esecutivo; in tale evenienza la esecutività del decreto discende funzionalmente solo dalla sentenza di rigetto dell’opposizione (ex art. 653, co. 1 c.p.c.).
In conclusione: dall’efficacia esecutiva autonoma del decreto ingiuntivo emesso o dichiarato provvisoriamente esecutivo in pendenza di opposizione, conseguirebbe l’inammissibilità dell’inibitoria in appello della sentenza di rigetto dell’opposizione; sarebbe ammissibile l’inibitoria in appello per la sentenza di rigetto dell’opposizione per il decreto ingiuntivo non esecutivo la cui efficacia esecutiva deriva dalla sentenza di rigetto.
L’indirizzo estensivo.
L’orientamento più estensivo tende a ritenere ammissibile l’inibitoria (anche nel caso in cui si tratti di decreto ingiuntivo ab origine esecutivo) sulla base della ritenuta natura condannatoria della sentenza di rigetto dell’opposizione che, unitamente al decreto ingiuntivo opposto, costituisce un unico titolo esecutivo (cfr. App. Milano sez. I, 07/10/2019; App. Roma 09/04/2002; App. Roma 15/10/2015 in considerazione della natura solo apparentemente dichiarativa della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo[1]).
In tale senso si è, peraltro, orientata la Corte Costituzionale la quale ha dichiarato (Corte Cost., 10/10/ 2004 n. 335[2]) di preferire la tesi secondo la quale il titolo esecutivo sarebbe costituito dalla sentenza di rigetto dell’opposizione.
Secondo questa impostazione, a seguito del rigetto dell’opposizione, in rito o nel merito, il provvedimento opposto, quand’anche già esecutivo, acquista una stabilità e, con questa, un’esecutorietà di matrice diversa da quella sua propria, destinata a sfociare nell’efficacia e nell’autorità del giudicato una volta che la sentenza di rigetto dell’opposizione non sia impugnata nei termini o venga confermata nei successivi gradi di impugnazione (cfr. Cass. 03/09/2007, n. 18539[3]).
Per l’orientamento estensivo sarebbe, dunque, ammissibile la richiesta di inibitoria sulla sentenza di rigetto dell’opposizione:
(i) in caso di decreto ingiuntivo all’origine esecutivo in quanto, per effetto della sentenza di rigetto, si consolida/stabilizza l’esecutorietà “nativa”;
(ii) in caso di decreto ingiuntivo non esecutivo poiché, solo per effetto della sentenza di rigetto, si conferisce l’esecutorietà al decreto.
L’opinione della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione, senza dare soluzione diretta al problema, si è curata piuttosto di rispondere alla dicotomia del carattere dichiarativo/accertativo o condannatorio della sentenza di rigetto dell’opposizione, dando prevalenza al primo e riconoscendo al solo decreto ingiuntivo, la natura di titolo esecutivo.
Cass. civ. sez. III, 05/01/2023 n. 193: “[..]” il primo motivo è infondato; è noto che sussiste un contrasto tra giurisprudenza e varia dottrina in ordine alla ricostruzione dell’articolo 653 c.p.c., comma 1; questa Corte ha pure di recente ribadito che qualora sia integralmente respinta l’opposizione avverso un decreto ingiuntivo, il titolo fondante l’esecuzione non è quest’ultima, bensì – quanto a sorte capitale, accessori e spese da quello recati – il decreto stesso, la cui esecutorietà è collegata, appunto, alla sentenza, in forza della quale viene sancita indirettamente, con attitudine al giudicato successivo, la piena sussistenza del diritto azionato, nell’esatta misura e negli specifici modi in cui esso è stato posto in azione nel titolo, costituendo, invece, la sentenza titolo esecutivo solo per le eventuali ulteriori voci di condanna in essa contenute, quali quelle sulle spese di lite (Cass., 26/08/2021, n. 23500); in dottrina, invece, è stato sostenuto il contrario in ragione dell’effetto sostitutivo della sentenza, e dunque che il titolo esecutivo sia la decisione dell’opposizione (come ricorda Corte Cost., 10 novembre 2004, n. 335, § 2); nella fattispecie la Corte di appello ha ritenuto che il titolo era costituito dal decreto e che l’inibitoria ex articolo 83 c.p.c., concerneva i soli capi condannatori della sentenza di rigetto dell’opposizione, tipicamente quelli sulle spese processuali (pag. 4 della sentenza gravata) e questo in linea con quanto affermato dall’ordinanza della medesima Corte pronunciata con riguardo alla richiesta di (precisazione dell’estensione della) sospensione in parola (cfr. la decisione, riportata peraltro solo in controricorso, a pag. 14, e prodotta in allegato 11)”.
In senso conforme Cass. civ. sez. III, 10/02/2023 n. 4277: “[..]” secondo il costante indirizzo del giudice della nomofilachia, in ipotesi di integrale rigetto dell’opposizione dispiegata avverso un decreto ingiuntivo, l’unico titolo legittimante l’esecuzione forzata è costituito, in ragione dell’inequivoco disposto dell’art. 653 c.p.c., dal decreto monitorio, quanto a sorte capitale, accessori e spese dallo stesso recati, rappresentando, invece, la sentenza titolo esecutivo solo per le eventuali, ulteriori voci di condanna in essa contenute. Specificamente, il rigetto integrale dell’opposizione è presupposto per il conferimento (o il consolidamento, nelle ipotesi contemplate dall’art. 642 c.p.c.) di esecutorietà in via definitiva al decreto d’ingiunzione, fermo restando che a passare in giudicato non è il decreto, ma il comando ricavato dalla combinazione del decreto e della sentenza di rigetto dell’opposizione al medesimo: sicché, fino a quando “il giudizio di opposizione permanga senza espressa revoca di questo, l’unico titolo idoneo ad acquisire efficacia esecutiva resta il decreto” (così, testualmente, Cass. 27/08/2013, n. 19595; conforme, da ultimo, Cass. 26/08/2021, n. 23500; in precedenza, nello stesso senso, Cass. 03/06/1978, n. 2795; Cass. 30/12/1968, n. 4082). E tale natura di titolo esecutivo del decreto perdura anche quando la sentenza di rigetto dell’opposizione sia cassata con rinvio dalla Suprema Corte: a conferma di ciò, basti por mente al fatto che in ipotesi di estinzione del giudizio di rinvio successiva ad una pronuncia di cassazione di una decisione di rigetto dell’opposizione proposta avverso un decreto ingiuntivo si produce il passaggio in giudicato del decreto opposto, ancora una volta in virtù della disposizione dell’art. 653 c.p.c., co. 1, che, limitatamente a questo caso, prevale sul dettato dell’art. 393 c.p.c. (così Cass., Sez. U, 22/02/2010, n. 4071; Cass. 06/04/2011, n. 7871)”.
Conclusioni.
L’impasse creata dai contrapposti orientamenti sulla ammissibilità (o meno) dell’inibitoria in appello – della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo – può ritenersi risolta, ma senza esigenza di giuridica certezza, per l’inammissibilità secondo i termini espressi dalla Corte di Cassazione sulla qualificazione dichiarativa della sentenza di rigetto dell’opposizione e sulla natura di titolo esecutivo del solo decreto ingiuntivo.
Ciò, sia nell’ipotesi di decreto ingiuntivo originariamente esecutivo sia per il provvedimento monitorio divenuto esecutivo ex art. 653, co. 1 c.p.c.
Se nel caso di rigetto di opposizione su decreto ingiuntivo ab origine esecutivo, tale conclusione può assumersi con verosimile convincimento attesa, peraltro, la giurisprudenza maggioritaria (e più attuale) che è orientata verso l’inammissibilità: l’esecuzione poteva essere iniziata e proseguita in forza del solo decreto e in ogni caso dello scrutino della sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo (decreto ingiuntivo) è già investito il giudice dell’opposizione; per il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ex art. 653, co. 1 c.p.c. si giunge al medesimo risultato sia pure indirettamente: il titolo esecutivo è il decreto ingiuntivo e lo stesso sopravvive come tale (fintanto non venga revocato) “anche quando la sentenza di rigetto dell’opposizione sia cassata con rinvio dalla Suprema Corte”.
Se il titolo esecutivo è il decreto ingiuntivo non sembra possibile chiedere l’inibitoria della sentenza di rigetto dell’opposizione ex artt. 283 e 351 c.p.c. in quanto priva di esecutività e di condanna (quanto a sorte capitale, accessori e spese recati dal decreto monitorio) salvo le eventuali, ulteriori voci di condanna in essa contenute (come per le spese legali).
Ad opinione personale di chi scrive, la soluzione preferita dalla giurisprudenza maggioritaria risolve solo apparentemente il problema.
Con l’appello della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo si viene a mettere in discussione in realtà il titolo esecutivo che la sentenza di rigetto ha confermato, stabilizzandone la già nativa esecutorietà, ovvero reso tale; da un lato, però la sentenza di rigetto, non contenendo una statuizione di condanna, non può essere oggetto di inibitoria in quanto non vi sarebbe nessuna esecutività da sospendere; dall’altro, neppure è accordata la possibilità di fermare l’esecuzione sulla base di un titolo solo provvisoriamente esecutivo (il decreto ingiuntivo) in quanto ad essere impugnata è la sentenza e non il decreto.
L’opponente sarebbe perciò in balia dell’azione esecutiva del creditore opposto senza potersi in alcun modo difendere. Ma, ad essere irrisolta sarebbe, altresì, l’evidente disparità di trattamento rispetto a situazioni speculari, come, ad esempio, per il soccombente destinatario di una sentenza di condanna, provvisoriamente esecutiva per legge, resa all’esito di un ordinario giudizio di cognizione; per la provvisoria esecuzione di una decisione di condanna, fino al passaggio in giudicato, è in rito – dal punto di vista procedurale – sempre ammessa l’inibitoria (ricorrendo ovviamente i presupposti sostanziali) anche in Cassazione (ex art. 373 c.p.c., al giudice dell’appello) e l’istanza ex art. 283, co. 1 c.p.c. può essere proposta o riproposta nel corso del giudizio di appello se si verificano mutamenti nelle circostanze (ex art. 283, co. 2 c.p.c.).
Avv. Eleonora Piccioni
Senior Associate di MFLaw StapA
Studio Legale Associato
Sede di Roma
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[1] La Corte di appello di Roma ha tuttavia mutato orientamento (come dimostra l’ordinanza del 21.03.2023 e in precedenza con ordinanza del 17.09.2021: ” … la sentenza impugnata non contiene una condanna suscettibile di sospensione, ma ha natura di accertamento, essendosi limitata a rigettare un’opposizione lasciando intatto il titolo che fonda l’esecuzione“).
[2] Corte Costituzionale 10/11/2004, n. 335: “E’ da respingere l’eccezione di inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, posto che il problema dell’interpretazione dell’art. 653, primo comma, c.p.c. su cui essa si fonda – e cioè se, in caso di rigetto dell’opposizione, il titolo esecutivo sia costituito dal decreto ingiuntivo (come sostiene, sulla base della lettera della norma, la giurisprudenza prevalente) ovvero dalla sentenza (come ritiene la dottrina maggioritaria) – non riveste rilievo di sorta nel presente giudizio una volta che si convenga, con l’unanime dottrina e giurisprudenza, che è la sentenza di rigetto dell’opposizione – senza necessità, dopo la riforma dell’art. 282 c.p.c., che sia dichiarata provvisoriamente esecutiva – a consentire al creditore opposto di procedere esecutivamente (si utilizzi come titolo esecutivo il decreto ovvero la sentenza stessa) nei confronti dell’ingiunto”.
[3] “In tema di rapporti tra giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ed esecuzione, qualora, sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto in base alla quale era stata iniziata l’azione esecutiva, il giudizio di primo grado si concluda con il rigetto dell’opposizione, cessano gli effetti della sospensione disposta dal giudice della cognizione e, perciò, della sospensione dell’esecuzione nel frattempo disposta dal giudice dell’esecuzione in quanto il decreto ingiuntivo riprende forza di titolo esecutivo, con il consequenziale effetto della possibile riassunzione del procedimento esecutivo precedentemente sospeso; lo stesso principio si applica se il successivo giudizio di appello, durante il quale sia stata disposta la sospensione della sentenza di rigetto dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, con conseguente nuova sospensione del processo esecutivo, si sia concluso con il rigetto dell’appello, poiché, anche in questo caso, ai fini della riassunzione del processo esecutivo sospeso, non è necessario attendere il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’opposizione contro il decreto ingiuntivo”.