Recupero crediti e procedure esecutive
La controversa collocazione del credito condominiale nel processo esecutivo
Nell’ambito del processo esecutivo l’eventualità di qualificare il credito derivante dagli oneri condominiali – maturati successivamente alla notificazione del pignoramento – quali crediti prededucibili è da sempre un tema dibattuto in giurisprudenza e in dottrina.
Ad alimentare le tesi contrapposte è, in particolare, la differente disciplina che viene applicata in ambito fallimentare, ove viene espressamente prevista la prededucibilità dei contributi per spese manutentive ordinarie e straordinarie ai sensi dell’articolo 111 l. fall. – ora 221 CCI –mentre nel processo esecutivo non si rinviene una norma che contempli analoga disciplina.
La soluzione della questione ha riflessi immediati e diretti sia sul creditore che vanta un privilegio ipotecario sia sul creditore procedente, il quale dovrebbe farsi carico ex art. 2770 c.c. delle predette spese per poi recuperarle in sede di distribuzione, detraendole dal ricavato della vendita.
La tesi a favore della prededucibilità
L’orientamento a favore della prededucibilità degli oneri condominiali si basa sull’assunto che tali spese siano da qualificarsi come strettamente processuali, in quanto nell’àmbito della espropriazione e alienazione di un immobile ricompreso in un plesso condominiale debbono ricomprendersi anche le parti comuni e che tali oneri sono sostenuti nell’interesse di tutti i creditori per giungere alla fase liquidativa (Cassazione 8634/2003 e 7707/2007).
Si ritiene difatti che le spese condominiali siano direttamente inerenti all’interesse tutelato e pertanto connesse con la custodia e la conservazione del bene sottoposto ad esecuzione, il cui onere dovrebbe essere supportato dal creditore procedente e, nell’ipotesi di sua inerzia, dal custode il quale potrà successivamente chiederne il rimborso detraendole da quanto ricavato dalla vendita, in sede di distribuzione (Cassazione 20 luglio 1976, numero 2875).
Ad avvalorare tale tesi interpretativa è proprio la previsione di cui all’art. 30, L. 220/2012 (c.d. riforma del condominio), secondo cui “I contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni sono prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, se divenute esigibili ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, come sostituito dall’articolo 18 della presente legge, durante le procedure concorsuali”.
Tale principio, che viene considerato di portata generale, sarebbe quindi suscettibile di applicazione analogica anche nelle esecuzioni individuali, atteso che “vi è un sostanziale parallelismo tra creditore procedente nella procedura esecutiva singolare e creditore istante nella procedura concorsuale” (Cassazione 6787/2000; Cassazione 26949/2016).
La configurazione degli oneri condominiali come costi prededucibili risponderebbe, infine, ad esigenze di equità e giustizia perché, diversamente, tali costi graverebbero iniquamente sulla compagine condominiale in misura esponenziale commisurata alla pluriennale durata temporale del procedimento espropriativo.
La tesi contraria alla prededucibilità. Natura chirografaria del credito
L’orientamento più recente, che si innesta nel solco tracciato dalla pronuncia della Corte di Cassazione n. 12877/2016, sostiene invece che debbano escluse dalle spese «necessarie», da onorarsi in via di anticipazione dal creditore procedente, quelle spese che non abbiano un’immediata funzione conservativa dell’integrità del bene pignorato e, quindi, le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria dell’immobile, così come gli oneri di gestione condominiale.
Solamente le spese necessarie alla conservazione stessa dell’immobile pignorato e, cioè, le spese indissolubilmente finalizzate al mantenimento in fisica e giuridica esistenza dell’immobile pignorato, in quanto strumentali al perseguimento del risultato fisiologico della procedura di espropriazione forzata, essendo intese ad evitarne la chiusura anticipata, sono comprese tra le spese «per gli atti necessari al processo» che, ai sensi dell’art. 8 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, il giudice dell’esecuzione può porre in via di anticipazione a carico del creditore procedente.
Il processo di esecuzione individuale, difatti, non si sviluppa a cura e spese degli organi della procedura ma evolve verso la utile distribuzione del ricavato in virtù degli atti di impulso dei creditori titolati, sui quali grava l’onere di anticipare le spese necessarie al suo svolgimento, fermo il diritto di ripetere gli esborsi effettuati per sostenere i costi imprescindibili all’espletamento della vendita forzata.
Diversamente opinando, invero, il condominio assurgerebbe al ruolo di “supercreditore” titolare di pretese astrattamente idonee ad erodere l’attivo destinato ai creditori in attuazione di delibere assembleari adottate a maggioranza dei condomini sulla cui adozione il custode giudiziario non ha un potere di effettiva incidenza.
Neppure si ritiene plausibile l’applicazione in via analogica della disposizione prevista in sede fallimentare, posto che gli effetti dell’esecuzione individuale sono significativamente diversi da quelli prodotti dalla sentenza di fallimento ovvero dalla sentenza che apre la liquidazione giudiziale dei beni del debitore.
Il fallimento, difatti, priva dalla sua data il fallito della amministrazione e della disponibilità del patrimonio esistente alla data di apertura della procedura concorsuale, mentre analoga disposizione non opera con riguardo al debitore esecutato.
Diversamente opinando, il diritto del condominio diventerebbe, senza apposita norma, un credito privilegiato munito di una causa di prelazione che non è prevista né attribuita dalla legge.
Il credito relativo a spese condominiali ordinarie maturate durante la pendenza della procedura esecutiva individuale deve dunque ascriversi tra quelli chirografari.
Conclusioni
Seppur il dibattito concernente la collocazione del credito del condominio è ancora in evoluzione, appare senza dubbio consolidato l’indirizzo che nega la prelazione in capo agli oneri condominiali ordinari e straordinari.
Invero, l’attribuzione del carattere chirografario agli oneri condominiali appare più idonea a rispettare la par condicio creditorum nonché più aderente al dettato normativo.
Non v’è dubbio, difatti, che il disposto dell’art. 2770 c.c. fa esplicito ed univoco riferimento a “spese di giustizia fatte per atti conservativi o per l’espropriazione dei beni immobili” e che, quindi, esclude il privilegio a favore di spese che, seppur relative alla conservazione del bene, non trovino la loro diretta fonte nel procedimento esecutivo.
Le cause di prelazione, peraltro, debbono ritenersi un numero chiuso insuscettibile di applicazione analogica, costituendo una deroga eccezionale al generale principio della par condicio creditorum di cui all’art. 2741 c.c. e, pertanto, appare da escludere un’applicazione estensiva della norma che stabilisce la prededucibilità in ambito fallimentare.
In attesa di una più definitiva e stabile pronuncia ovvero di un auspicabile intervento normativo, dunque, la prassi maggiormente in vigore attribuisce al credito condominiale la collocazione chirografaria.
Avv. Giulia Orfei
Associate
MFLaw Roma
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