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La prova della titolarità del credito azionato nella cessione in blocco Ex Art. 58 T.U.B

1. Introduzione.

Con Cass. n. 10200_2021 la Corte di Cassazione rafforza il principio per cui il cessionario del credito, nelle operazioni di cartolarizzazione ex art. 58 del T.u.b., viene dispensato dalla notifica dell’avviso di cessione alle singole controparti cedute dei rapporti acquisiti.

Nel caso attenzionato dalla Suprema Corte, i debitori intimati si opponevano al precetto loro notificato dalla cessionaria del credito, per la carenza di prove in ordine alla titolarità dello stesso.

Il Tribunale accoglieva l’opposizione, sulla scorta della mancata dimostrazione, da parte della cessionaria, dell’invio al debitore ceduto della comunicazione scritta informativa della cessione (quale adempimento, espressamente previsto dagli accordi di cessione, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, ai fini della certa individuazione dei crediti oggetto di cessione in blocco[1]).

Promosso gravame sul punto, la cessionaria rilevava la prova della avvenuta cessione, confermata da parte del creditore cedente in forza di una sua espressa dichiarazione, ricognitiva della cessione medesima, intervenuta nella pendenza del giudizio di opposizione. La Corte d’Appello confermava però la decisione del Giudice di prime cure, ritenendo l’irrilevanza della comunicazione del creditore confermativa della cessione, poiché intervenuta successivamente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della notizia della cessione[2].

Avverso la pronuncia della Corte territoriale, la Banca cessionaria ha vittoriosamente proposto ricorso per Cassazione. In accoglimento del ricorso, la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “Nel caso di cessioni in blocco ex art. 4 della legge n. 130 del 1999, la pubblicazione della notizia, richiamata anche dall’art. 58 del testo unico bancario (legge n. 385 del 1993), ha la funzione di esonerare dalla notificazione stabilita in generale dell’art. 1264, cod. civ.; le previsioni in parola, dunque, hanno inteso agevolare la realizzazione della cessione “in blocco” di rapporti giuridici, stabilendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale e dispensando la cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti: tale adempimento, ponendosi sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264, cod. civ., può essere validamente surrogato da questi ultimi – e segnatamente dalla notificazione della cessione, che non è subordinata a particolari requisiti di forma; e può quindi aver luogo anche mediante l’atto di citazione con cui il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto, ovvero nel corso del giudizio (Cass., 29/09/2020, n. 204495, Cass., 17/03/2006, n. 5997). In altri termini, la notifica al ceduto può avvenire utilmente e successivamente alla pubblicazione richiamata, rendendo quella specifica cessione egualmente opponibile.”.

 

2. La disciplina speciale della cessione del credito ex art. 58 del T.u.b..

La decisione della Suprema Corte, qui in commento, offre l’occasione per tornare ancora a discutere sulla disciplina della cessione in blocco dei crediti prevista dall’art. 58 del T.u.b. e della legge
130/1999. La legge n. 130/199 ha indubbiamente eliminato i numerosi ostacoli che le norme di diritto comune hanno posto nelle operazioni di cartolarizzazione[3], per le quali fino al 1999 in Italia erano state realizzate soltanto 20 cartolarizzazioni. Tra queste le novità più significative sono:

a) La deroga alle norme generali in materia di opponibilità della cessione dei crediti ai debitori ceduti e ai terzi.
L’art. 58 del T.ub. prevede un passaggio ad una forma di opponibilità “erga omnes” la quale si basa sulla pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale e nella iscrizione della stessa nel Registro delle imprese. Infatti, leggendo l’art. 58 T.u.b., comma 2°, in combinato con il 4° comma, le formalità anzidette sono equiparate a tutti gli effetti, alla notificazione della cessione ai debitori ceduti, secondo la previsione dell’art. 1264 del c.c.

b) Il trasferimento automatico delle garanzie che assistono il credito senza l’espletamento delle formalità necessarie al trasferimento delle stesse.
L’art. 1263, co. 1 c.c. prescrive che in ipotesi di cessione, il credito principale è trasferito al cessionario con i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori. In tema di garanzia ipotecaria, l’art. 2843 del c.c. subordina l’efficacia della cessione dell’ipoteca alla formale annotazione del trasferimento della stessa a margine dell’iscrizione ipotecaria. Diversamente, nelle cessioni di credito in blocco, l’art. 58, co. 3 T.u.b. esonera il cessionario dall’annotazione del trasferimento della garanzia[4]. La pubblicità prevista dalla norma speciale dell’art. 58 del T.u.b. è di tipo “dichiarativo”, avente peraltro natura agevolativa delle operazioni di cessione (lex ad adiuvandum). Ed invero, queste forme pubblicitarie rappresentano un buon punto di equilibrio tra l’esigenza della semplificazione delle operazioni di cessione in blocco e l’esigenza di adeguata informazione in favore degli interessati, risultando difficoltosa se non addirittura impraticabile una pubblicazione dell’intero testo contrattuale della cessione in blocco[5]. Il contratto di cessione del credito, di natura consensuale, si perfeziona con l’incontro dei consensi tra cedente e cessionario, mentre la pubblicazione della notizia sulla Gazzetta Ufficiale, è funzionale solo agli effetti liberatori del pagamento (da parte del debitore ceduto) o alla regolazione dei conflitti tra plurimi cessionari.

 

3. La prova “processuale” della cessione del credito in blocco.

Con l’ordinanza de qua, la Corte di Cassazione fa chiarezza anche in termini di prova “processuale” dell’avvenuta cessione del credito in operazioni di cartolarizzazione, rispetto a rapporti contestati. La prova della cessione, all’interno di contenziosi, è stata frequentemente causa di disaccordo nelle varie decisioni intervenute. Frequentemente, si è ritenuto il difetto di titolarità del credito – e conseguentemente il difetto di legittimazione ad agire del cessionario intervenuto nel processo pendente tra cedente e ceduto – proprio per il mancato raggiungimento della prova dell’intervenuta cessione. Sul piano prettamente processuale, chiarisce la Corte di Cassazione, la prova della cessione del credito può essere data anche dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, osservando che la prova può essere integrata, ad esempio, anche dagli atti d’intimazione del cessionario (si pensi alla notifica dell’atto di precetto per mezzo del quale è intimato, in via stragiudiziale, il pagamento al debitore ceduto; oppure con la notifica di un atto di citazione di un giudizio di revocazione ordinaria ex art. 2901 del c.c.; o, anche in sede di giudizio, mediante il deposito dell’atto d’intervento ex art. 111 del c.p.c., adducendo la prova dell’esistenza del credito). Tra i vari modus idonei al raggiungimento della prova processuale della cessione del credito, si distinguono, in particolare:

a) l’avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, con la specifica indicazione del credito ceduto (con indicazione del “Ndg” specifico);

b) la produzione del contratto di credito unitamente all’elenco delle posizioni cedute e delle relative anagrafiche;

c) eventuali comunicazioni stragiudiziali (si pensi alla missiva) con cui sia stata data adeguata notizia della cessione;

d) le dichiarazioni confessorie della cedente.

Tale elenco è meramente esemplificativo e non necessariamente esaustivo. La Corte di Cassazione ha così ritenuto efficace la cessione, purché risultino soddisfatti due distinti criteri:

– il primo, di tipo sostanziale, è che risulti provata la cessione;

– il secondo, a carattere temporale, è che la cessione si sia perfezionata prima dell’intimazione proposta nei confronti del debitore ceduto.

Nel caso di specie, quindi, la Corte ha riconosciuto che la produzione, in sede d’appello, della dichiarazione del cedente (così come la disponibilità del titolo esecutivo azionato), sono elementi che provano che un determinato credito è stato effettivamente ceduto, con cessazione di ogni questione e contestazione sul punto. Una breve segnalazione merita, poi, l’ordinanza della Cassazione del 5 novembre 2020, n. 24798, per la quale, nel caso di contestazione in sede processuale del credito della cessionaria, non è sufficiente provare l’inclusione di quel credito nell’operazione di cessione, ma occorre altresì “…dimostrare l’inclusione di quel credito nell’operazione di cessione attraverso prove documentali attestanti la propria legittimazione sostanziale”. In sintesi, la Cassazione ha evidenziato che chi agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco ex art. 58 D. Lgs. n. 385/1993, ha l'onere di dimostrare l'inclusione del credito azionato nell'operazione di cessione in blocco, fornendo la prova sostanziale della propria legittimazione. Con l’unica eccezione che il debitore intimato non abbia esplicitamente o implicitamente già riconosciuto la cessione (sul punto, v. Cass. n. 4116-16). Con la pronuncia in epigrafe, la S.C. ha precisato che il cessionario potrà in ogni caso raggiungere la prova documentale necessaria, attraverso la produzione in giudizio di una dichiarazione ricognitiva della cessione, rilasciata da parte del creditore ceduto.

 

4. Conclusioni.

Alla luce di quanto sopra, si può facilmente dedurre la natura agevolativa dell’impianto di cui all’art. 58 T.u.b. in tema di cessione del credito in blocco. Tale disciplina ben può essere surrogata dagli adempimenti previsti dall’art. 1264 del c.c. e da ogni altro equipollente processuale, cosicché da raccordare la disciplina sostanziale a quella processuale. Il cessionario quindi, potrà dare prova della sua legittimazione in via ordinaria, senza ulteriori formalismi ostativi, laddove eseguita la predetta comunicazione. In ogni caso, va opportunamente rilevato che i criteri di volta in volta previsti nell’ambito delle singole cessioni per l’individuazione specifica dei crediti ceduti nonché gli automatismi garantisti previsti dall’art. 58 T.u.b. per l’attuazione delle cessioni medesime, restano spesso e volentieri soggetti a possibili contestazioni giudiziali da parte dei debitori ceduti, suscettibili di accollare in via naturale, in capo ai creditori cessionari, l’onere della prova della cessione del credito nonché dell’inclusione dello stesso nell’operazione di cessione contestata nel caso di specie. A fronte della possibile difficoltà di reperire una prova documentale storica, la Cassazione evidenzia la possibilità di uno “scivolo” pratico (un rimedio “di fatto”) offerto da una dichiarazione ex post del creditore cedente, suscettibile di assorbire ogni legittimo interesse in
capo al debitore ceduto a sollevare contestazioni di sorta sulla titolarità effettiva del credito in contestazione. L’ordinanza ha in maniera risolutiva tradotto lo scopo tangibile perseguito dal legislatore con l’introduzione dell’art. 58 T.u.b.; obiettivo che è proprio quello di sfavore per la farraginosità del sistema a beneficio di una procedura snella e semplificata di cessione di crediti in blocco. Viene, perciò, attribuita diretta efficacia ricognitiva del trasferimento della proprietà del credito a (meri) atti di intimazione di pagamento, di citazione e di interventi in corso di causa (ex art. 111 c.p.c.) rispetto alle parti negoziali (cedente e cessionario) che sono istituti di credito e/o SPV i quali, di contro, non avrebbero alcun interesse e/o agevolazione e/o vantaggio ad azionare un credito se non di propria titolarità.

 

Avv. Luca Sgarbossa

MFLaw – Mannocchi & Fioretti

Studio Legale Associato

Sede di Roma

 


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[1] Si legge espressamente sul punto, nel provvedimento della Cassazione in commento: “…la comunicazione scritta era il criterio scelto dai contraenti per l’individuazione dei crediti quale pubblicato sulla Gazzetta ufficiale” (Cfr. Cass. Civ., Ord. n. 10200/2021).

[2] La Corte d’Appello in tal modo, in base alle indicazioni dell’accordo di cessione pubblicate nella Gazzetta ufficiale, valutava il requisito della preventiva comunicazione al debitore ceduto quale presupposto sostanziale della cessione medesima (anche contro la diversa volontà e la dichiarazione postuma del creditore cedente).

[3] Si pensi, a titolo esemplificativo, al limite di emissione delle obbligazioni ex art. 2412 del c.c..

[4] Art. 58, co. 3 T.u.b.: “I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione”.

[5] Cfr. Michele Perrino, Cessione dei rapporti giuridici, pag. 676.

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