MUTUO CON CLAUSOLE ABUSIVE E TUTELA DEL CONSUMATORE SUCCESSIVA ALLA PROCEDURA ESECUTIVA SULL’IMMOBILE

La sentenza C‑351/23 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pronunciata il 24 giugno 2025, rappresenta una tappa cruciale nell’evoluzione della tutela dei consumatori, in particolare nell’ambito delle esecuzioni forzate su immobili ipotecati. Il caso ha origine da una controversia slovacca che ha portato alla luce il difficile equilibrio tra certezza del diritto, rapidità delle procedure esecutive e protezione sostanziale dei diritti fondamentali del consumatore, specialmente quando la vendita dell’immobile avviene sulla base di clausole potenzialmente abusive.
Argomentazione
La vicenda trae origine da un contratto di mutuo ipotecario di 63.000 euro, stipulato da una coppia slovacca con una banca, con garanzia sulla loro abitazione principale. Tra le condizioni generali era prevista la nota clausola di decadenza dal beneficio del termine, che consente alla banca di esigere l’intero importo residuo in caso di ritardo nei pagamenti. A seguito di vari inadempimenti, l’istituto di credito ha attivato la clausola e avviato, nel 2016, l’esecuzione (in quel caso stragiudiziale come previsto dal diritto slovacco) tramite asta volontaria.
I mutuatari consumatori avevano proposto un ricorso per sospendere l’esecuzione e avevano informato sia l’aggiudicatario sia l’organizzatore dell’asta dell’esistenza della causa di opposizione pendente, ma la vendita è stata comunque portata a termine, con trasferimento dell’immobile a favore di una terza società.
Successivamente, a seguito dello sfratto richiesto dall’aggiudicataria, i consumatori hanno contestato la validità del trasferimento, invocando il carattere abusivo della clausola che aveva dato origine all’esecuzione.
Il giudice nazionale ha quindi investito la Corte di Giustizia di una serie di quesiti pregiudiziali, interrogandosi in particolare su:
- la compatibilità della normativa slovacca con la Direttiva 93/13/CEE (clausole abusive) e la Direttiva 2005/29/CE (pratiche commerciali sleali);
- la possibilità per l’aggiudicatario, consapevole del contenzioso, di invocare la buona fede;
- la prevalenza della certezza del trasferimento di proprietà rispetto alla necessità di una tutela effettiva del consumatore.
La Corte ha risposto con fermezza, riaffermando il principio secondo cui i diritti dei consumatori devono essere tutelati in modo effettivo e tempestivo, come previsto dagli articoli 6 e 7 della Direttiva 93/13, in combinato disposto con gli articoli 7 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Ha sottolineato quindi che la protezione dell’abitazione familiare rientra nella sfera del diritto alla vita privata e familiare e non può essere sacrificata in nome di un formalismo giuridico che neghi ogni tutela successiva alla vendita.
Nel caso concreto, la Corte ha osservato che la clausola di decadenza, inserita unilateralmente e non negoziata in modo trasparente, costituisce clausola potenzialmente abusiva. Di conseguenza, la normativa nazionale che consente la prosecuzione dell’esecuzione nonostante un ricorso pendente, senza offrire rimedi per sospenderla o annullarla successivamente, è stata ritenuta incompatibile con il diritto europeo.
Particolarmente significativa è poi la posizione della Corte sul ruolo dell’aggiudicatario: se a conoscenza della controversia, non può invocare la propria buona fede per sottrarsi agli effetti dell’eventuale nullità derivante dall’abusività della clausola. È quindi evidente che questo principio introduce una forma di responsabilità rafforzata per gli acquirenti in aste immobiliari, soprattutto in presenza di contenziosi noti.
La difesa classica, in questi casi, si appella al principio della “certezza del diritto” e alla tutela dell’affidamento del terzo acquirente in ragione del quale, una volta che l’immobile è stato venduto e il trasferimento di proprietà registrato, si tende a considerare l’atto come definitivo e intoccabile, per non minare la stabilità delle transazioni immobiliari. La Corte di Giustizia UE, con questa sentenza, infrange invece questo dogma.
I giudici di Lussemburgo affermano infatti che la tutela del terzo acquirente non ha carattere assoluto e non può essere usata come un alibi per sanare un’ingiustizia originata da una clausola illegale. Questo è vero a maggior ragione quando, come nel caso di specie, il terzo acquirente (una società specializzata) era perfettamente a conoscenza dell’esistenza di una contestazione giudiziale al momento dell’acquisto e genera un precedente di cui banche e operatori finanziari nel settore creditizio non possono ignorare, soprattutto nel caso in cui l’esecuzione si fonda su mutuo contenenti clausole abusive ed i mutuatari siano consumatori.
Conclusioni
Conclusione
La sentenza C‑351/23 si configura come un momento di svolta nella giurisprudenza europea in materia di esecuzioni immobiliari e tutela dei consumatori. Essa chiarisce che la protezione offerta dalle norme dell’Unione Europea non si esaurisce nella fase antecedente all’esecuzione, ma deve estendersi anche successivamente alla vendita, mediante rimedi efficaci capaci di neutralizzare gli effetti di una procedura fondata su clausole abusive.
Il messaggio rivolto ai giudici nazionali è chiaro: non è sufficiente un controllo formale delle condizioni contrattuali e delle procedure, ma è necessario un esame sostanziale della legittimità dell’intera operazione, con la possibilità di disapplicare norme interne contrarie al diritto dell’Unione. Inoltre, né gli acquirenti né gli organizzatori delle aste possono considerarsi immuni da responsabilità quando sono consapevoli di un contenzioso in atto. In definitiva, la Corte afferma un principio essenziale: la tutela dei diritti fondamentali del consumatore, in particolare il diritto all’abitazione e all’accesso alla giustizia, deve prevalere sulla certezza formale del trasferimento immobiliare, soprattutto quando quest’ultima si fonda su clausole abusive. Un principio che, da dichiarazione astratta, si traduce in un criterio operativo vincolante, destinato a influenzare in modo significativo la prassi giudiziaria e le legislazioni nazionali in materia di esecuzioni forzate.
Questa pronuncia, inoltre, assume una portata dirompente anche per gli operatori del settore bancario e per le società di recupero crediti, le quali non potranno più confidare sulla rapidità delle vie giudiziali per imporre un risultato irreversibile ai danni del consumatore. L’avvio di una procedura di vendita forzata in presenza di una contestazione relativa alla validità delle clausole contrattuali diventa un’operazione altamente rischiosa, poiché in caso di accoglimento della domanda di opposizione all’esecuzione e/o di altra domanda fondata sulla pregiudizialità delle clausole di cui al contratto di mutuo azionato in sede esecutiva, la cessione dell’immobile potrebbe essere invalidata anche in un momento successivo all’aggiudicazione.
Gli ordinamenti nazionali che ancora non prevedono strumenti di sospensione tempestivi ed efficaci dell’esecuzione forzata in caso di sospetta abusività contrattuale, saranno quindi chiamati a rivedere la propria normativa, per garantire un’effettiva conformità al diritto dell’Unione Europea, mentre quelli che prevedono tali strumenti di tutela, sono comunque avvisati che in ipotesi di accertamento su istanza dell’esecutato/ consumatore dell’abusività della clausola, successivo all’aggiudicazione in sede esecutiva, ben potrebbero vedere l’aggiudicazione revocata in quanto fondata su contratti con clausole accertate come abusive
Per le banche e per le società operanti sul settore del recupero crediti, questa sentenza si traduce in un importante rischio pregiudizievole: essa infatti consente la possibilità di riaprire un contenzioso anche dopo che l’esecuzione si è formalmente conclusa, qualora emergano elementi di nullità legati a clausole abusive e quindi nulle per i consumatori nel contratto di partenza. In tal senso, rappresenta una vera e propria seconda possibilità di accesso alla giustizia, una tutela concreta per i consumatori che abbiamo perso la propria abitazione in sede esecutiva in virtù di contratti di mutuo contenenti clausole abusive come quella di decadenza dal beneficio del termine, già dichiarata abusiva dalla Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24 giugno 2025, C-351/23.
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