Recupero crediti e procedure esecutive

Patto di non cedibilità del credito ed eventuale opponibilità al cessionario

1. PREMESSA

La Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di cessione del credito.

Invero, con l’ordinanza del 28 marzo 2023, la Suprema Corte ha nuovamente affrontato la questione del pactum de non cedendo e della sua eventuale opponibilità al cessionario, statuendo che “il patto che esclude la cedibilità del credito può essere opposto al cessionario dal debitore ceduto, in base ai principi dell’affidamento nella normale cedibilità dei crediti, ex art 1260, prima comma, c.c. e dell’inefficacia del contratto nei confronti dei terzi ex art 1372, ex art. 1372 c.c., soltanto in quanto, ai sensi dell’art. 1260, secondo comma, c.c., sia dimostrato che il cessionario abbia avuto conoscenza effettiva di detto patto al tempo della cessione.”

 

2. IL QUADRO NORMATIVO: IL PACTUM DE NON CEDENDO E LA SUA OPPONIBILITA’ AL CESSIONARIO

La richiamata pronuncia ribadisce un principio ormai consolidato nel panorama normativo e giurisprudenziale la cui cornice è rappresentata dall’art. 1260 c.c.

L’art. 1260, primo comma, Cod. Civ., introduce il principio della libera cessione dei crediti stabilendo che il trasferimento del credito possa avvenire “anche senza il consenso del debitore” e, pertanto, solo in virtù dell’accordo fra cedente e cessionario, prescindendo dalla volontà del debitore ceduto.

La cessione del credito rientra, quindi, tra i casi di successione a titolo particolare nel credito.

La libera cedibilità dei crediti trova il suo fondamento in un’esigenza di carattere economico, in quanto consente la libera circolazione della ricchezza.

Il principio di libera cedibilità del credito trova tuttavia alcuni limiti espressamente sanciti sia dal Codice Civile che da leggi speciali che individuano ipotesi di incedibilità oggettiva e soggettiva:

Tra le prime rientrano:

  • I Crediti personali inidonei ad essere trasferiti, in quanto relativi a prestazioni rispetto alle quali assume rilievo la persona del creditore (art. art. 447 c.c);
  • I crediti vantati verso lo Stato o altre Pubbliche Amministrazioni;
  • I crediti per stipendi, pensioni o salari dei dipendenti di Pubbliche Amministrazioni.

Tra i secondi rientrano invece:

  • i crediti c.d. litigiosi (art. 1261 c.c.);
  • i crediti di soggetti sottoposti all’altrui potestà a chi esercita tale potestà (artt. 323, 378, 424 c.c.)

In aggiunta ai suddetti limiti legali, è prevista l’ipotesi in cui siano le parti a stabilire l’incedibilità di un credito secondo la previsione di cui all’art. 1260 c.c. il quale stabilisce che “le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione fanno eccezione alcune ipotesi”.

Dal momento che il creditore e il debitore possono accordarsi nel senso di rendere incedibile il credito, si deve ritenere che il principio della libera circolazione dei crediti abbia un carattere dispositivo.

A tal proposito occorre precisare che il limite de quo è da tener nettamente distinto dal divieto di alienazione stabilito nel contratto di cui all’art. 1379 c.c.

Invero, quest’ultima norma prevede che il divieto operi solo se contenuto entro convenienti limiti di tempo e nel caso in cui sia ravvisabile un apprezzabile interesse di una delle parti; requisiti non previsti dall’articolo 1260 comma secondo c.c.

A ciò si aggiunga che mentre il divieto di alienazione ha validità inter partes, il patto di incedibilità del credito è opponibile al terzo cessionario che ne fosse a conoscenza al tempo della cessione.

In tema incedibilità del credito, si è espressa di recente la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza del 28 marzo 2023 affermando, che il pactum de non cedendo potrà essere opposto al cessionario solamente se il debitore offra la prova che il cessionario medesimo ne fosse a conoscenza al momento della cessione.

Sulla scorta di un’interpretazione letterale- restrittiva dell’art. 1260, comma 2, c.c., giustificata tanto da ragioni testuali quanto da ragioni finalistiche di certezza della circolazione dei crediti, la Corte di Cassazione ha, dunque, stabilito che la prova verta non già sulla mera conoscibilità del divieto in capo al cessionario, ma sulla sua effettiva conoscenza al tempo della cessione.

La citata ordinanza si pone nel solco di un’ormai consolidata giurisprudenza per la quale l’interpretazione restrittiva dell’articolo 1260 c.c., comma 2 si giustifica per ragioni testuali (articolo 1260, comma 2: “se non si prova che egli lo conosceva”), finalistiche (certezza della circolazione dei crediti) e logico-sistematiche (massimo contenimento dei casi di estensione degli effetti del contratto a chi non ne sia stato parte ai sensi di quanto previsto dall’art. 1372 c.c.), così da ritenere necessario che la prova verta non già sulla mera conoscibilità del divieto in capo al cessionario, ma sulla sua effettiva conoscenza al tempo della cessione. (Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 26 febbraio 2020, n. 5129, enfasi del redattore).

A tal proposito, occorre rilevare l’art. 1262 c.c. stabilisce un obbligo a carico del cedente di consegnare tutta la documentazione relativa al credito ceduto al cessionario e non anche un obbligo di richiesta a carico di quest’’ultimo.

Ne consegue che il cessionario che, sulla base di un’autonoma valutazione del rapporto e forte delle suddette regole generali di libera cedibilità, non ritenga di richiedere al cedente ulteriore documentazione inerente il credito, diversa da quella messagli a disposizione al momento della cessione, debba essere tutelato anche nel caso in cui la documentazione fornita possa non essere esaustiva per la conoscenza dell’intero rapporto creditorio e dei suoi accessori, ivi compresa l’esistenza di un accordo di non cedibilità del credito.

In questa ottica, alcuna rilevanza può assumere il richiamo (da parte del creditore ceduto) alla ordinaria diligenza del cessionario o ad una diligenza qualificata laddove, come nel caso preso in considerazione dall’ordinanza in commento, si tratti di un istituto bancario che, secondo controparte, in sede di verifica documentale, avrebbe dovuto rilevare elementi idonei a far sospettare l’esistenza di un pactum de non cedendo e chiedere quindi, una integrazione documentale al cedente.

Tale interpretazione infatti, equivarrebbe a ritenere sempre opponibile al cessionario, il divieto di cessione di un credito, situazione che si viene a porre in contrasto con il principio adottato dall’ordinamento che invece, intende limitare tale opponibilità alla sola situazione in cui il cessionario accetti consapevolmente di acquistare un credito convenzionalmente non trasferibile.

 

3. CONCLUSIONI

Alla luce di quanto ut supra esposto e dell’orientamento consolidato della Suprema Corte di Cassazione, il pactum de non cedendo potrà essere opposto al cessionario solamente ove si provi l’effettiva conoscenza dello stesso da parte del cessionario.

Pertanto, in caso di contestazione da parte del debitore ceduto, in assenza di tale prova incontrovertibile posta a carico dello stesso, il cessionario potrà sempre far valere nelle proprie difese in giudizio l’inopponibilità del predetto divieto senza che il richiamo alla mera conoscibilità e alla possibilità di acquisire consapevolezza del divieto con l’uso della ordinaria (o qualificata)  diligenza da parte del cessionario, possa vanificare tale linea difensiva.

 

 

Avv. Carla Maria Puleo

Associate

MFLaw Palermo

 

 

Il presente documento non costituisce un parere ed è stato redatto ai soli fini informativi dei clienti di MFLaw e dei lettori del Magazine di MFLaw. È proprietà di MFLaw e non può essere divulgato a soggetti differenti dal destinatario, senza una preventiva autorizzazione scritta.

Trigger Newsletter Fancybox