Recupero crediti e procedure esecutive
Sulla natura di titolo esecutivo del mutuo fondiario erogato con costituzione di pegno infruttifero
1. Premessa
Con sentenza n. 1615 del 16 novembre 2020, il Tribunale di ordinario di Foggia ha stabilito che, in sede di stipula di un contratto di mutuo fondiario, la costituzione di pegno irregolare infruttifero da parte del mutuatario a garanzia dell’osservanza di alcuni adempimenti nell’interesse del mutuante, rappresenta un atto di disponibilità giuridica della somma mutuata.
Secondo la prospettiva del Tribunale, dall’impiego di una parte della somma mutuata a titolo di “deposito cauzionale” si deve logicamente presupporre il precedente trasferimento della stessa nel patrimonio del mutuatario (traditio rei), tale da perfezionare il contratto di mutuo.
Nel caso di specie, nell’ambito di un giudizio di opposizione a precetto notificato da BNL, gli opponenti deducevano l’inidoneità del mutuo a valere come titolo esecutivo, in quanto atto (apparentemente) condizionato e, come tale, carente del requisito della certezza richiesto dall’art. 474 c.p. ai fini dell’avvio dell’azione esecutiva.
2. La natura del mutuo e l’evoluzione della “traditio” delle somme mutuate
Con il contratto di mutuo, disciplinato dagli artt. 1813 ss del codice civile, “una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”. Appartenente alla categoria dei contratti c.d. reali, il suo perfezionamento è subordinato al conseguimento della disponibilità giuridica della res da parte del mutuatario. Ed invero, la conclusione del contratto di mutuo non si sostanzia nella mera manifestazione del consenso prestato dalle parti, ma necessita anche della consegna della somma mutuata, c.d. traditio rei.
Giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte (ex multis Cass. del 27 agosto 2015, n. 17194) tende a considerare avvenuta la traditio non più con il trasferimento materiale e fisico del denaro nelle mani del mutuatario, ma con la mera trasmissione della disponibilità giuridica. La citata S.C. rappresenta, infatti, che “Questa Corte ha affrontato più volte il dato di fatto della progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e della loro progressiva sostituzione con annotazioni contabili, che non si accompagna alla scomparsa di strumenti di tradizionale utilizzazione nella pratica degli affari e nella vita sociale in genere quali il contratto di mutuo, ma ne impone una rilettura dei caratteri essenziali che tenga conto dell’evolversi della realtà fattuale senza peraltro stravolgerli.”
Parallelamente alla suddetta evoluzione delle modalità di erogazione delle somme, si è registrato anche un adattamento nella predisposizione da parte delle banche del contratto di mutuo ai fini del suo perfezionamento.
Prima degli anni Duemila, era diffusa la pratica del c.d. “doppio atto”, oggi prevista dal Testo Unico Bancario all’art. 39, secondo cui la stipulazione del contratto e l’erogazione del denaro possono formare oggetto di atti separati. In un primo momento si cristallizza la prestazione del mero consenso delle parti: viene sottoposto al cliente un contratto di mutuo condizionato, contenente pattuizioni contrattuali relative all’iscrizione di ipoteca e clausole che permettono alle parti contraenti di scegliere successivamente anche la stessa modalità di erogazione del mutuo. Solo in una fase successiva avviene la consegna del denaro, tramite la sottoscrizione dell’atto di quietanza.
Si tratta di un sistema – quello appena sommariamente descritto – ormai abbandonato, a favore di una modalità di erogazione delle somme mutuate contestuale alla sottoscrizione del contratto di mutuo. Ed invero, nell’attuale pratica degli affari interbancari il contratto “unico” di mutuo prevede la specifica formula “la parte mutuataria stessa rilascia quietanza” e che viene incontrovertibilmente considerata prova del pagamento.
3. La fattispecie del pegno irregolare infruttifero
In questo contesto, si è discusso se la costituzione del pegno irregolare, contestuale alla stipulazione del contratto di mutuo, possa considerarsi un vero e proprio atto di disposizione della somma mutuata; oppure se debba ritenersi una caratteristica tipica del mutuo c.d. “condizionato”, atto, in quanto tale non idoneo a rappresentare un credito certo, liquido ed esigibile, come richiesto dall’art. 474 cpc per l’azione esecutiva.
Il pegno è un diritto reale di garanzia disciplinato dagli artt. 2784 ss. del Codice civile. A differenza di quello ordinario, il pegno c.d. irregolare ha ad oggetto cose fungibili.
Esso rappresenta, però, una “sottocategoria” del pegno ordinario, in quanto ne condivide la causa di garanzia, ma non l’oggetto. Ed invero, dalla lettura dell’art. 1851 del Codice Civile, le differenze sostanziali consistono nel diverso contenuto della realità che nel pegno si estrinseca nell’opponibilità erga omnes di un diritto di prelazione sulla somma ricavata dalla vendita del bene oggetto del contratto, mentre nel pegno irregolare si concreta nell’attribuzione in proprietà delle cose consegnate al creditore. Inoltre, nella figura in esame, l’obbligazione restitutoria del creditore non ha per oggetto la medesima res consegnata al debitore, ma l’attribuzione in proprietà di altre cose dello stesso genere (tantundem eiusdem generis et qualitatis)
Ciò detto, tenuto conto delle analogie con la figura generale del pegno, si ritiene applicabile direttamente la disciplina dettata per il pegno ordinario solo relativamente agli aspetti inerenti alla funzione di garanzia; con riguardo invece ad aspetti diversi, di cui si è detto, si deve fare riferimento, per quanto non regolato dall’art. 1851 c.c., alla disciplina del mutuo.
Nella prassi bancaria accade spesso che parte dell’importo concesso a mutuo sia trattenuto in deposito cauzionale infruttifero presso l’istituto mutuante, a garanzia dell’imminente espletamento degli obblighi a carico del mutuatario in occasione della stipula del finanziamento. All’adempimento di tali obblighi (ad esempio verifica di valida iscrizione ipotecaria e priorità del grado ipotecario o produzione di documenti) è subordinato il successivo svincolo, in favore del mutuatario, delle somme erogate e restituite in pegno.
4. La prova della traditio della somma mutuata secondo la giurisprudenza.
Alla luce di quanto sopra esposto, si sono susseguiti indirizzi giurisprudenziali discordanti in ordine alle forme di acquisizione della disponibilità giuridica delle somme.
Un primo e più risalente orientamento (Trib. Latina ordinanza del 18 maggio 2010; Tribunale Milano, ordinanza del 21 luglio 2015) considera gli adempimenti a carico del mutuatario, quali presupposto del “deposito cauzionale”, una condizione sospensiva del perfezionamento del contratto: il fatto che le somme siano state solo formalmente erogate, ma ancora giacenti presso la banca impedirebbe la configurabilità del mutuo come titolo idoneo titolo per promuovere l’azione esecutiva, in mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 474 c.p.c.
Un secondo ed evidentemente risolutivo orientamento (Cass. Civile, VI sez., n. 19654 del 22 luglio 2019, nello specifico ambito della richiesta di ammissione al passivo, nonché Trib. Salerno 16 febbraio 2018, Trib. Verona 22 ottobre 2020, Trib. Tivoli 7 gennaio 2020, Trib. Tivoli 16 novembre 2020) del tutto condiviso dal Tribunale di Foggia nella sentenza in commento, ritiene invece che il versamento di una parte delle somme su un deposito cauzionale infruttifero intestato alla banca non ostacoli il conseguimento della disponibilità giuridica della somma mutuata, ma anzi dimostri, quale antecedente logico indefettibile, l’acquisizione delle stesse al patrimonio del mutuatario.
Per di più, una recente pronuncia sul tema (Corte d’Appello di Bologna, 23 settembre 2020, n. 2472), focalizzando la propria attenzione sulla tesi secondo cui il meccanismo descritto nel contratto altro non sarebbe che una mera “fictio iuris”, ha finito per qualificare tale tesi come “suggestiva”, perché non in grado di superare le dichiarazioni delle parti, emergenti dal tenore letterale delle formalità e convenzioni di cui al contratto di mutuo stipulato.
Talché, con atto di costituzione del pegno, il mutuatario realizza a favore del mutuante una garanzia provvisoria per le obbligazioni assunte a presidio finale di un obbligo restitutorio già formalmente sorto in ragione del giuridico transito delle somme dalla disponibilità della banca a quella del mutuatario.
Così il Tribunale di Foggia, sul solco dell’ormai prevalente giurisprudenza di merito, ha ritenuto che il mutuo fondiario costituisca valido titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p., anche nel caso in cui nello stesso vi sia la previsione che la somma mutuata venga riconsegnata alla parte mutuante in deposito cauzionale infruttifero, dal momento che: “…la banca dunque non ha conservato la disponibilità della somma per non averla mutuata, ma ne ha semplicemente riacquistato la disponibilità a diverso titolo in forza di una specifica disposizione negoziale connessa al mutuo, ma comunque rispetto ad esso distinto ed autonoma, logicamente successiva alla traditio intesa come trasmissione al mutuatario dell’autonoma disponibilità giuridica della somma”.
5. Conclusioni
In virtù di quanto sinora argomentato, in presenza della dichiarazione di quietanza, il contratto di mutuo è sempre considerato titolo esecutivo.
Il fatto che venga contestualmente costituito un pegno irregolare a garanzia di determinati adempimenti richiesti dall’istituto di credito, non fa venire meno l’avvenuto trasferimento delle somme mutuate, ma ne rappresenta, al contrario, un atto di disponibilità delle stesse da parte del mutuatario, tale da documentarne l’effettiva erogazione.
Dott.ssa Michela Mastrantonio
Legal Trainee
MFLaw – Mannocchi & Fioretti
Studio Legale Associato
Sede di Roma
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