Recupero crediti e procedure esecutive
Sull’opponibilità al creditore ipotecario del diritto all’assegnazione della casa coniugale
1. Premessa
La sentenza n. 854 del 28 maggio 2020, emessa dal Tribunale di Trani, ha stabilito che il provvedimento di assegnazione della casa familiare, trascritto prima dell’iscrizione di ipoteca, è opponibile all’acquirente al solo scopo di tutelare l’interesse dei figli. Pertanto, nel momento in cui questi diventano maggiorenni ed autosufficienti da un punto di vista economico, il terzo può presentare richiesta di entrare in possesso dell’immobile per la sopravvenuta inefficacia dell’assegnazione. Va premesso che il diritto all’assegnazione della casa familiare spetta al genitore con cui convivono in via prevalente i figli minorenni o maggiorenni non autonomi, e ciò indipendentemente dal fatto che l’avente diritto sia o meno titolare di un diritto reale o personale di godimento sull’immobile. Lo scopo del giudice è quello di consentire ai figli di continuare una vita presso le mura domestiche, senza dover cambiare le loro abitudini.
2. Il quadro normativo di riferimento.
A partire dal 1975 il nostro ordinamento ha accolto, prima all’interno del codice civile e poi all’interno della legge sul divorzio, il diritto all’assegnazione della casa familiare al coniuge collocatario della prole minore o convivente con quella maggiorenne non economicamente autosufficiente senza colpa. Ripercorrendo l’evoluzione del quadro normativo di riferimento bisogna segnalare che per effetto della L. 19 maggio 1975, n. 151, l’assegnazione della casa nel giudizio di separazione personale è stata regolata dall’art. 155 c.c., comma 4, il quale ha disposto che l’abitazione in essa “spetta, di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli”. Quest’ultimo comma è stato poi dichiarato costituzionalmente illegittimo, con Sentenza C.C. n. 454 del 27 luglio 1989, nella parte in cui non prevedeva la trascrizione del provvedimento ai fini dell’opponibilità ai terzi. Parallelamente, l’art. 6, 6° comma della Legge sul divorzio (L. 1 dicembre 1970, n. 898), così come novellato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74 ha disposto, che “L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 c.c.”.
La normativa ratione temporis vigente si è arricchita ulteriormente a seguito delle modificazioni apportate dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso. La legge, in particolare, ha introdotto l’art. 155 quater c.c. secondo il quale: “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643 c.c.” e ha esteso, con l’art. 4, il procedimento anche per la pronuncia dei provvedimenti che disciplinano le condizioni relative ai figli di genitori non coniugati. Con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013, la materia dell’assegnazione della casa familiare è attualmente disciplinata dall’art. 337 sexies c.c., che ha abrogato l’art. 155 quater.
3. Natura giuridica del provvedimento di assegnazione della casa familiare.
Si è discusso se il provvedimento di assegnazione della casa familiare fosse idoneo a radicare in capo al coniuge assegnatario una situazione giuridica soggettiva di tipo assoluto e reale o se, diversamente, attribuisse un diritto di godimento di natura personale.
Sul punto, la Corte di Cassazione e con essa parte della giurisprudenza di merito, in passato ha propeso per la prima opzione, assumendo che, a seguito del provvedimento di assegnazione, venisse propriamente in rilievo un’ipotesi di compossesso. Secondo un altro orientamento, divenuto poi dominante, a seguito del provvedimento d’assegnazione della casa familiare non vi sarebbe acquisto del possesso da parte del coniuge non titolare di un diritto di proprietà o di godimento sulla casa coniugale, ma verrebbe a configurarsi più propriamente una detenzione qualificata idonea a rendere stabile il diritto all’abitazione del coniuge assegnatario già fondato sul rapporto di coniugio. La dottrina e la giurisprudenza si sono, pertanto, orientate a qualificarlo diritto personale di godimento, ed in particolare un diritto personale di godimento variamente segnato da tratti di atipicità. (Cass. Civ., sez. I, 3 marzo 2006, n. 4719; Cass. Civ., sez. II, sentenza 9 settembre 2016, n. 17843).
4. Sull’opponibilità al creditore ipotecario del provvedimento di assegnazione della casa coniugale.
Come sopra si accennava, la trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale ai fini dell’opponibilità a terzi è stata introdotta dal legislatore dal 1 marzo 2006, con la c.d. legge sull’affido condiviso. In precedenza la giurisprudenza riteneva che la disciplina del diritto ad abitare la casa coniugale fosse equiparabile a quella delle locazioni, con la conseguenza che il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, avente per definizione data certa, si considerava opponibile al terzo acquirente anche se non trascritto, per nove anni decorrenti dalla data dell’assegnazione, ovvero anche dopo i nove anni ove il titolo fosse stato in precedenza trascritto. Con la citata novella legislativa è invece scomparso il richiamo all’art. 1599 c.c. ed è invece presente il riferimento alla disciplina della trascrizione di cui agli artt. 2643 e ss. c.c..
Ci si è chiesti, quindi, se, ai fini dell’opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare a terzi, possa ancora applicarsi il previgente regime dell’opponibilità novennale, previsto in materia di locazione, ovvero ogni questione debba essere risolta esclusivamente sulla base del regime della trascrizione. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, la risposta al predetto quesito è la seconda. Tramite il rinvio all’art. 2643 c.c. contenuto nell’art. 337 sexies c.c., il legislatore ha inteso regolare la materia esclusivamente sulla base della disciplina della trascrizione. Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 7776 del 20 aprile 2016) non c’è alcun dubbio che, quando il provvedimento di assegnazione della casa coniugale sia stato regolarmente trascritto, si applichi l’art. 337 sexies c.c. (ex art. 155 quater c.c.) e che il richiamo fatto dalla predetta norma all’art. 2643 c.c. (atti soggetti a trascrizione), vada esteso al successivo art. 2644 c.c., che sancisce il fondamentale principio di priorità della trascrizione.
Principio in virtù del quale le trascrizioni non hanno effetto riguardo a terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente. Invece, per quanto riguarda i provvedimenti di assegnazione della casa coniugale non trascritti, si deve ritenere ancora applicabile l’art. 6, comma 6, L. 898/70 che si riferisce però al solo terzo acquirente, esponendo dunque il coniuge assegnatario al rischio di eventuali pretese da parte di terzi aventi un diritto sull’immobile.
Il Tribunale di Trani ha sostanzialmente confermato l’orientamento giurisprudenziale maggioritario in materia.
Secondo la citata sentenza infatti, il provvedimento di assegnazione della casa familiare trascritto prima dell’iscrizione di ipoteca è opponibile all’acquirente ad esclusiva tutela dell’interesse dei figli. Ne consegue che il provvedimento di assegnazione non è opponibile al creditore ipotecario che abbia iscritto la sua ipoteca sull’immobile prima della trascrizione del medesimo: il creditore può far espropriare l’immobile come libero, in quanto il diritto del coniuge assegnatario trascritto dopo l’iscrizione dell’ipoteca non può pregiudicare i diritti del titolare della garanzia reale. Ad ogni buon conto, l’opponibilità conserva il suo valore finché permane l’efficacia della pronuncia giudiziale, dal momento che il perdurare sine die dell’occupazione dell’immobile, quando siano venuti meno i presupposti, comporterebbe un ingiustificato pregiudizio al diritto del proprietario dell’immobile di godere e di disporre del bene medesimo.
Alla cessazione di tale condizione (quindi nel momento in cui i figli diventano maggiorenni ed autosufficienti da un punto di vista economico) il terzo può presentare richiesta di entrare in possesso dell’immobile per la sopravvenuta inefficacia dell’assegnazione.
L’efficacia del provvedimento di assegnazione può essere messa in discussione preliminarmente tra i coniugi, in relazione al perdurare dell’interesse dei figli, con il procedimento di cui all’articolo 9 della legge 898/1970, mediante la richiesta di revoca del provvedimento di assegnazione a causa del sopravvenuto venir meno dei presupposti che ne avevano giustificato l’emissione.
Il terzo acquirente, invece, che non è legittimato ad attivare tale procedura, può proporre l’azione di accertamento per far decadere l’assegnazione e per ottenere la condanna dell’occupante al pagamento dell’indennità di occupazione.
Infatti, ove non sia osservato il regime giuridico proprio dell’assegnazione ancorato ai presupposti di legge (presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti senza colpa), il terzo ha diritto a ottenere dagli occupanti, sino al rilascio, il pagamento di una indennità di occupazione illegittima a prescindere dal rilascio dell’immobile (Cass. Civ., sez. II, 24 gennaio 2018, n. 1744).
Ragioni di ordine sistematico consentono di ritenere legittimati all’azione di accertamento anche soggetti terzi che vantino diritti di credito verso il terzo acquirente inerte.
5. Conclusioni.
Alla luce di quanto sopra esposto, il provvedimento di assegnazione della casa familiare trascritto successivamente all’iscrizione di ipoteca è inopponibile al creditore ipotecario. Pertanto, nell’ipotesi in cui la casa vada all’asta e venga aggiudicata a un terzo, quest’ultimo ha diritto ad ottenere la liberazione del bene.
Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca della casa coniugale, infatti, non hanno effetto riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull’immobile in base a un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione. Al contrario, il provvedimento di assegnazione della casa familiare trascritto anteriormente all’iscrizione di ipoteca sarà opponibile erga omnes e, dunque, anche al creditore ipotecario. Tuttavia, tale opponibilità permane fino a quando non vengono meno i presupposti che hanno dato vita a quel provvedimento. Pertanto, i terzi che successivamente alla trascrizione abbiano acquistato a qualunque titolo diritti sugli immobili o vantino diritti di credito nei confronti del coniuge non assegnatario, potranno proporre azione di accertamento e chiedere la liberazione dell’immobile nel momento in cui i figli siano diventati maggiorenni ed autosufficienti.
Dott.ssa Alessandra Schiavi
MFLaw – Mannocchi & Fioretti
Studio Legale Associato
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