Aggiornamenti Giurisprudenziali
Cessione di ramo d’azienda e responsabilità del cessionario per i debiti pregressi: esclusa l’applicazione dell’art. 2560 C.C. in caso di difetto di dualità soggettiva
Commento alla sentenza della Cassazione n. 2548 del 13 settembre 2023
Con la sentenza n. 2548 del 13 settembre 2023, la Corte Suprema di Cassazione è intervenuta in materia di cessione di ramo d’azienda e di responsabilità del cessionario per i debiti pregressi inerenti al ramo d’azienda ceduto, chiarendo come l’art. 2560, 2° comma c.c. trovi applicazione soltanto nel caso in cui sussista una “una reale dualità di soggetti e, dunque, una effettiva alterità tra il cedente e il cessionario”. Conseguentemente , laddove vi sia un difetto di dualità soggettiva, che ricorre in “tutti i casi in cui, in seguito al trasferimento dell’azienda, al di là della diversa forma o denominazione giuridica, la compagine sociale dell’impresa e gli organi amministrativi della stessa siano rimasti immutati, poiché in tali casi il trasferimento dell’azienda è solo formale”, il cessionario dell’azienda è sempre responsabile per i debiti pregressi inerenti all’esercizio del ramo d’azienda ceduto, a prescindere dal fatto che questi risultino o meno dai libri contabili obbligatori della società cedente.
1. – Premesse
Il caso origina da un’opposizione avverso un atto di precetto con cui era stato intimato il pagamento di un credito retributivo, giudizialmente accertato, alla società cessionaria (rectius alla società incorporante la cessionaria) del ramo d’azienda della società condannata, presso il quale la precettante aveva svolto l’attività lavorativa.
L’opposizione al precetto – proposta dalla società incorporante la cessionaria – è stata accolta dal Tribunale che, per quanto rileva in questa sede, ha statuito come, nella fattispecie, non potesse configurarsi una responsabilità della cessionaria del ramo d’azienda (e quindi della sua incorporante), non trovando operatività la disciplina di cui all’art. 2560, 2° comma c.c., in quanto, da un lato, non era stata provata l’avvenuta iscrizione del debito nei libri contabili alla data del trasferimento d’azienda e, dall’altro, esso non risultava tra le poste conferite alla cessionaria in base alla perizia redatta ai sensi dell’art. 2465 c.c., risultando invece nel bilancio finale di liquidazione della cedente.
Tale decisione è stata ribaltata dalla Corte di Appello che, nel fare proprio quanto statuito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 32134/2019, ha ritenuto come la circostanza formale della eventuale non risultanza dell’obbligazione dalle scritture contabili obbligatorie della società cedente, inerenti alla gestione del ramo d’azienda ceduto, dovesse ritenersi superata con conseguente riconoscimento della responsabilità della cessionaria nei casi di cessione d’azienda che celino una condotta elusiva diretta ad abusare della tutela accordata dall’art. 2560, 2° comma c.c., a discapito dei creditori, e di provata conoscenza della sussistenza del debito, acquisita aliunde da parte del cessionario dell’azienda.
Pertanto, la Corte Territoriale – rilevata la sussistenza, nella fattispecie, di entrambe le suddette ipotesi – ha accertato e dichiarato la responsabilità della cessionaria (e quindi della società incorporante, a cui era stato notificato il precetto) del debito retributivo accertato giudizialmente in capo alla cedente e, per l’effetto, ha rigettato l’opposizione al precetto.
Avverso tale pronuncia, è stato proposto ricorso per cassazione, con cui (per quel che qui rileva) è stata sostanzialmente posta la questione se, ai fini della responsabilità solidale dell’acquirente dell’azienda (o del ramo di azienda) per i debiti anteriori al trasferimento, l’iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori abbia sempre valore costitutivo o se, quanto meno in talune fattispecie, possa essere surrogato da requisiti equipollenti – quali, in particolare, la conoscenza dell’esistenza del debito acquisita aliunde da parte dell’acquirente dell’azienda – avuto riguardo alla natura e al fondamento della norma, nonché alla specifica finalità dell’operazione di cessione posta in essere nel caso concreto.
La questione sottoposta in sede di legittimità ha offerto l’occasione alla Corte Suprema di ripercorrere i diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia, illustrandone il diverso fondamento dogmatico anche attraverso l’esame della dottrina e giungendo, poi, ad evidenziare il presupposto fondamentale della fattispecie regolata dall’art. 2560 c.c., già precedentemente affermato, sia pure in obiter dictum, dalle Sezioni Unite della Cassazione con la pronuncia n. 5054 del 28 febbraio 2017.
2. – Precedenti indirizzi giurisprudenziali e tesi dottrinali
Secondo il tradizionale e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’iscrizione del debito nelle scritture contabili obbligatorie è elemento costitutivo essenziale della responsabilità del cessionario per i debiti pregressi inerenti all’azienda o al ramo d’azienda ceduto, non surrogabile da altri elementi di conoscenza della sussistenza dei predetti debiti.
Tale indirizzo giurisprudenziale trae argomento, oltre che dalla natura eccezionale della disposizione contenuta nell’art. 2560, 2° comma c.c. – che quindi non ammette un’applicazione estensiva od analogica oltre il caso specifico contemplato – anche dalla considerazione della ratio della norma medesima, la quale, secondo tale orientamento, avrebbe lo scopo non tanto di tutelare i terzi creditori (già contraenti con l’impresa e, peraltro, sufficientemente garantiti pure dalla norma di cui al primo comma del medesimo art. 2560), quanto quello di proteggere l’interesse del cessionario ad avere l’esatta cognizione dei debiti assunti.
L’esposto orientamento giurisprudenziale trova riscontro nella prevalente dottrina, che, attribuisce all’iscrizione del debito nei registri obbligatori il valore di fatto costitutivo necessario per l’assunzione in capo al cessionario della corresponsabilità per i debiti aziendali relativi all’azienda oggetto di trasferimento.
Dal tradizionale e consolidato orientamento giurisprudenziale sopra illustrato si è discostata la sentenza n. 32134 del 10 dicembre 2019 emessa dalla Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, optando per un approccio interpretativo improntato più alla sostanza che alla forma, al fine di assicurare tutela al preminente interesse dei creditori. In particolare, la Suprema Corte, con la citata pronuncia, ha statuito come debba riconoscersi la responsabilità del cessionario in solido con il cedente per tutti i debiti pregressi, ancorché non risultanti dai libri contabili obbligatori, ove sia provato che la cessione dell’azienda abbia costituito lo strumento per precludere al creditore il recupero del credito.
Alla base di tale ragionamento v’è l’idea, sia pur non esattamente esplicata nella pronuncia in questione, che la cessione di azienda – come teorizzato da una parte sia pur minoritaria della dottrina – prima di essere, oggettivamente, un trasferimento di beni e di rapporti, integra, soggettivamente, una successione nell’attività di impresa, la quale non può che coinvolgere anche i debiti dell’azienda. Di talché, il cessionario risponde di tutti i debiti iscritti o comunque conosciuti, spettando al creditore che agisce in giudizio provare o il dato oggettivo dell’iscrizione del debito nei libri contabili o, in difetto, il dato soggettivo della effettiva conoscenza o conoscibilità del debito da parte del cessionario.
3. – La posizione della Suprema Corte con la sentenza n. 2548 del 13 settembre 2023
Dopo aver così ricostruito il quadro giurisprudenziale e dottrinale formatosi in materia, aderendo (pur senza dichiararlo espressamente, ma lasciandolo intendere tra le righe) a quello maggioritario, la Suprema Corte sposta il focus su un altro aspetto, evidenziando come la fattispecie regolata dall’art. 2560 c.c. postuli necessariamente “una reale dualità di soggetti e, dunque, una effettiva alterità tra il cedente e il cessionario”.
Questo presupposto fondamentale della fattispecie era stato, invero, già posto in evidenza dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5054 del 28 febbraio 2017.
Tale pronuncia – diretta a dirimere un contrasto giurisprudenziale insorto su altra questione – pur osservando, in linea generale, che la responsabilità solidale del cessionario di azienda va ricondotta “nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale” – ha, peraltro, affermato, sia pure in obiter dictum, che “l’operatività dell’art. 2560, secondo comma, cod. civ. incontra un limite solo nella carenza di un’effettiva alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda” (Cass., Sez. Un., 28 febbraio 2017, n. 5054).
La Suprema Corte, partendo da quanto statuito dalle Sezioni Unite, ha, quindi, precisato come “il difetto di dualità soggettiva, che esclude l’applicazione della norma codicistica in esame, sussista in tutti i casi in cui, in seguito al trasferimento dell’azienda, al di là della diversa forma o denominazione giuridica, la compagine sociale dell’impresa e gli organi amministrativi della stessa siano rimasti immutati, poiché in tali casi il trasferimento dell’azienda è solo formale”.
In queste ipotesi, non v’è spazio per l’applicazione dell’art. 2560, 2° comma c.c., poiché la norma non potrebbe esplicare la funzione che si riconduce alla sua ratio, ovverosia la salvaguardia dell’interesse dell’acquirente dell’azienda ad avere precisa conoscenza dei debiti dell’azienda acquistata, mancando in radice l’alterità soggettiva del cessionario rispetto al cedente, che quei debiti aveva assunto.
4. – L’applicazione al caso concreto
Alla luce di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha rilevato come, nella specie, fosse stata dimostrata in sede di merito l’identità della compagine sociale e degli organi amministrativi della società cedente e della cessionaria e come, pertanto, in tale situazione, “non si poneva il problema di tutelare l’interesse del cessionario alla conoscenza dei debiti dell’azienda acquistata, poiché mancava in radice, nella sostanza, l’alterità soggettiva del cessionario medesimo rispetto al cedente, che quei debiti aveva assunto”, sussistendo, quindi, incontrovertibilmente, la responsabilità della cessionaria (e quindi della sua incorporante) per il debito retributivo in questione.
Peraltro, la Corte ha evidenziato come la circostanza che il debito risultasse dal bilancio finale di liquidazione della società cedente – lungi dall’essere assunta a presupposto dell’accoglimento dell’opposizione a precetto, come fatto dal Giudice di prime cure – avrebbe dovuto essere valorizzata in funzione dell’affermazione della responsabilità dell’opponente.
Il bilancio finale di liquidazione è redatto alla conclusione della fase di liquidazione e deve indicare, ove sussistano, sia gli eventuali elementi patrimoniali attivi non ancora realizzati sia eventuali posizioni debitorie non ancora estinte.
Nel caso di specie, pertanto, stante la rilevata mancanza della reciproca alterità tra i soggetti del “trasferimento” di azienda, era indubbio che la compagine sociale della cessionaria fosse a conoscenza del debito in questione, essendo indicato nel bilancio di liquidazione della cedente.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha rigettato il ricorso per cassazione, confermando così – sia pur sulla base di una diversa motivazione – quanto deciso dalla Corte di appello in ordine alla responsabilità della cessionaria (e per essa della sua incorporante) per il debito in questione.
5. – Conclusioni
La pronuncia in commento apre un nuovo scenario, riconoscendo la possibilità ai creditori dell’azienda ceduta di agire per il soddisfacimento del proprio credito nei confronti del cessionario anche nel caso in cui il correlativo debito non risulti iscritto nei libri contabili obbligatori della società cedente, laddove e purché riesca a dimostrare che il trasferimento dell’azienda è stato solo formale, stante la sostanzialmente coincidenza dei soggetti del trasferimento.
Pertanto e sotto altro profilo, in sede contrattuale, laddove vengano effettuati dei trasferimenti d’azienda tra soggetti tra loro collegati, sarà necessario porre l’attenzione delle parti e, in particolare, del cessionario sulla circostanza che egli stesso potrebbe essere chiamato a rispondere dei debiti pregressi della cedente, a prescindere dal fatto che questi risultino dai libri contabili obbligatori.
Avv. Federica Conte
Associate
MFLaw Roma
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